La moglie di Failla confidava nella Farnesina, ma le sue speranze sono state ripetutamente tradite.
I due lavoratori italiani assassinati in Libia, Salvatore Failla e Fausto Piano, dopo un sequestro di 7 mesi. sono tornati in Italia ieri sera in una bara. Il Governo Italiano non è riuscito ad evitare il peggio nemmeno dopo la loro morte, aveva chiesto alle autorità libiche di non eseguire l'autopsia sul posto, ma i due corpi sono arrivati in patria ben lavati e senza le pallottole che li hanno uccisi.
Questa mattina è stata rifatta l'autopsia in Italia, ma i risultati sono quanto mai incerti: il "macellaio" che ha eseguito gli accertamenti in Libia ha cancellato qualsiasi traccia importante che avrebbe consentito di individuare l'arma che ha sparato, la distanza dello sparo e la traiettoria dei proiettili.
Cancellate tracce importanti
L'avvocato Francesco Grimaldi, il penalista della famiglia Failla, ha fatto salvo l'impegno dei rappresentanti italiani in Libia, che secondo lui avrebbero tentato di evitare lo scempio che è stato fatto sul corpo del suo assistito.
I medici legali di parte civile, Luisa Regimenti e Orazio Cascio, hanno affermato che la parte sinistra del corpo di Failla è quella maggiormente tumefatta, il corpo presenta infatti la frattura del femore e dell'omero sinistro e certifica con certezza la sofferenza di un uomo che ha patito una lunga prigionia con le conseguenze facilmente immaginabili.
L'assenza dello Stato
La famiglia Failla ha denunciato con fermezza la solitudine in cui il loro congiunto ha trascorso la sua prigionia, più volte avevano avuto assicurazioni dalla Farnesina sull'esito positivo del rapimento avvenuto nel luglio del 2015, ma il tempo passava e non accadeva nulla.