Si chiamava Jan Karski Fu il primo a portare al mondo le prove dell´esistenza dei Lager Non lo ascoltarono E solo ora il suo “Rapporto” viene pubblicato in Germania.
Travestito da guardia nel Lager di Belzec. Fu così che nel 1942 il partigiano polacco Jan Karski riuscì a scoprire la Shoah E a documentarla per primo. Ma invano. “Le cose che ho visto resteranno per sempre dentro di me. Vorrei poterle cancellare dalla memoria Ma ancora di più vorrei che ciò che ho visto non fosse mai accaduto Questo peccato perseguiterà l´umanità fino alla fine dei suoi giorni”. Arrestato e torturato dalla Gestapo nel ´44 riuscì a fuggire negli Stati Uniti dove scrisse e pubblicò “Il mio rapporto al mondo” Supplicò Roosvelt: “Vi prego, fermate la barbarie”
L´infiltrato nell´orrore di ANDREA TARQUINI da La Repubblica del 10 luglio 2011
Fu il più importante e coraggioso agente segreto della Seconda guerra mondiale, ma nel dopoguerra visse da esule. Fu lui, infiltrandosi nel Lager di Belzec travestito da guardia ucraina collaborazionista, a scoprire l´Olocausto e a fornirne le prove: grazie alla sua missione impossibile e al suo Rapporto il mondo seppe, già verso la fine del 1942, che la “Soluzione finale”, il genocidio del popolo ebraico da parte della Germania nazista, era in atto. Con un´audacia incredibile, rischiando la vita, si infiltrò a Belzec. Insieme a Sobibor e Treblinka fu il primo campo di sterminio costruito dai nazisti nella Polonia da loro occupata, prima ancora che il più tristemente famoso Auschwitz-Birkenau diventasse operativo. Ma nessuno volle ascoltare il suo grido d´aiuto. Jan Karski era un ufficiale polacco e un cattolico praticante. Raccolse le prime voci sullo sterminio nel Ghetto di Varsavia, e poi trovò le prove nei Lager nazisti e le consegnò agli Alleati. Il suo terribile racconto di quegli anni – che uscì già nel 1944 negli Stati Uniti – è stato appena pubblicato per la prima volta in Germania. Una memoria diretta, una testimonianza unica, la smentita più cocente per i negazionisti e per chiunque voglia cancellare il ricordo della Shoah e riscrivere la Storia sotto il segno dell´oblio.
Mein Bericht an die Welt-Geschichte eines Staates im Untergrund, Il mio rapporto al mondo. Storia di uno Stato nella clandestinità, s´intitola, nell´edizione tedesca il volume che Karski scrisse a New York, dettando a braccio alla sua segretaria, Krystyna Sokolowska, i ricordi ancora freschissimi della sua missione segreta. Sono pagine che ancora oggi scuotono la coscienza, fanno rabbrividire.
Fu Elie Wiesel, nell´ottobre 1981, a far riemergere Karski dal dimenticatoio. Organizzò con l´Holocaust Memorial una conferenza sulla liberazione di Auschwitz, e invitò quell´anziano soldato e professore di Georgetown a parlare. «Alla fine della guerra – Karski scandì, calmo e implacabile – mi dissero che né i governi né i politici d´alto rango, né gli scienziati né gli scrittori avevano saputo del destino degli ebrei. Erano sorpresi. Lo sterminio di sei milioni d´innocenti era rimasto un segreto, “un orribile segreto”, come scrisse Walter Laqueur. Allora mi sentii ebreo. Un ebreo, come i parenti di mia moglie, qui presenti. Ma sono un ebreo cristiano, cattolico praticante. Non sono un eretico, ma credo profondamente che l´umanità abbia commesso un secondo peccato capitale: obbedendo a ordini o per assenza di sentimenti, per egoismo o ipocrisia o persino per freddo calcolo, questo peccato perseguiterà l´umanità fino alla fine del mondo, questo peccato mi perseguita, e io voglio che sia così».
Sapeva di cosa stava parlando, il vecchio soldato. Patriota convinto, nato come Jan Kozielewski, sognava la carriera diplomatica ma si era arruolato volontario nell´artiglieria a cavallo. Quando nazisti e sovietici aggredirono la Polonia, fu catturato dall´Armata Rossa e dopo sei settimane consegnato ai tedeschi. Riuscì a fuggire, si unì alla Resistenza. Fu subito scoperto come talento temerario, e convocato dal governo in esilio prima in Francia, poi a Londra. Il premier, generale Sikorski, accettò la sua richiesta di diventare Kurier tajni, “corriere” (ovvero agente) segreto. Sotto il falso nome di “Tenente Witold”, Karski s´infiltrò nella Polonia occupata. Per conto del governo in esilio, coordinò e organizzò lo Stato clandestino. La Polonia resa ricca e vivace negli anni Venti e Trenta anche dalla numerosissima, colta e prospera comunità ebraica, fu sottoposta dai nazisti a un´occupazione di una brutalità senza precedenti e non espresse né un Petain né un Quisling: al contrario che in Francia o in Norvegia, a Varsavia il Terzo Reich non riuscì mai a reclutare marionette per un governo collaborazionista e i polacchi (tra soldati del generale Anders, piloti nella Royal Air Force, partigiani) schierarono con gli Alleati più soldati e mezzi di de Gaulle.
Venne la missione più pericolosa: «Witold» prima s´infiltrò nel Ghetto di Varsavia, e qui ascoltò i racconti delle deportazioni. Poi fu arrestato dalla Gestapo in Slovacchia. Torturato selvaggiamente, riuscì nuovamente a fuggire. Raggiunse di nuovo l´Armia Krajowa, l´esercito partigiano nazionale.
Il destino degli ebrei era ormai nel suo cuore, e col suo gruppo organizzò l´impossibile. Riuscirono a corrompere un trawniki, una guardia delle forze ucraine collaborazioniste che prestavano servizio nei Lager. Quello gli procurò un´uniforme ucraina, e lo aiutò a infiltrarsi nel Lager di Belzec. Karski fece violenza su se stesso per celare ogni emozione e non cadere in preda all´orrore, registrò nella memoria tutto quel che vide: la fame e le violenze, le malattie e le torture, donne, vecchi e bambini ammassati sui vagoni merci e spruzzati di calce. Il genocidio.
Ma l´avventura non era finita. Jan Karski raggiunse rocambolescamente Londra, fece rapporto al legittimo governo polacco in esilio. Prima il ministro degli Esteri britannico, Anthony Eden, poi a Washington Roosevelt in persona, vollero riceverlo e ascoltarlo, e studiare i suoi microfilm trafugati nel Ghetto. Che il mondo si muova, che fermi la barbarie, supplicò invano Karski. Non fu ascoltato: gli alleati abbandonarono subito l´idea di bombardare i campi per fermare lo sterminio.
Karski visse una vita nel rimorso, schiacciato dall´idea di non aver fatto abbastanza. Nel dopoguerra, il regime comunista lo considerò un traditore al servizio degli americani. Fino a quando la giunta Jaruzelski autorizzò l´indimenticabile Shoah, il film che Claude Lantzmann girò grazie anche ai ricordi di Karski. Nominato “Giusto tra i popoli” in Israele, come il tedesco Oskar Schindler, decorato poi da Walesa presidente dopo la rivoluzione democratica del 1989, l´agente speciale Jan Karski morì nel 2000, portandosi nell´animo, primo testimone, il peso della grande colpa dell´umanità.