MONS. GEORG GÄNSWEIN
Intervento dell’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare del Papa emerito, tenuto il 20 maggio 2016 a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana, in occasione della presentazione del volume di Roberto Regoli “Oltre la crisi della Chiesa – Il pontificato di Benedetto XVI” (edizioni Lindau).
stralci dell'intervista
"Come ai tempi di Pietro, anche oggi la Chiesa una, santa, cattolica e
apostolica continua ad avere un unico Papa legittimo. E tuttavia, da tre
anni a questa parte, viviamo con due successori di Pietro viventi tra noi –
che non sono in rapporto concorrenziale fra loro, e tuttavia entrambi con
una presenza straordinaria! Potremmo aggiungere che lo spirito di Joseph
Ratzinger in precedenza ha già segnato in modo decisivo il lungo
pontificato di san Giovanni Paolo II, che egli fedelmente servì per quasi
un quarto di secolo come Prefetto della Congregazione per la Dottrina
della Fede. Molti continuano a percepire ancor oggi questa situazione
nuova come una sorta di stato d’eccezione voluto dal Cielo.
Dall’undici febbraio 2013 il ministero papale non è più
quello di prima. È e rimane il fondamento della Chiesa cattolica; e tuttavia
è un fondamento che Benedetto XVI ha profondamente e durevolmente
trasformato nel suo pontificato d’eccezione (Ausnahmepontifikat), rispetto
al quale il sobrio cardinale Sodano, reagendo con immediatezza e
semplicità subito dopo la sorprendente Dichiarazione di rinuncia,
profondamente emozionato e quasi preso dallo smarrimento, aveva
esclamato che quella notizia era risuonata fra i cardinali riuniti “come un
fulmine a ciel sereno”. Era la mattina di quello stesso giorno in cui, di
sera, un fulmine chilometrico con un’incredibile fragore colpì la punta
della cupola di San Pietro posta sopra la tomba del Principe degli apostoli.
Di rado il cosmo ha accompagnato in modo più drammatico una svolta
storica. Ma la mattina di quell’undici febbraio il decano del Collegio
cardinalizio Angelo Sodano concluse la sua replica alla Dichiarazione di
Benedetto XVI con una prima e analogamente cosmica valutazione del
pontificato, quando alla fine disse: “Certo, le stelle nel cielo
continueranno sempre a brillare e così brillerà sempre in mezzo a noi la
stella del suo pontificato”.
E tuttavia è bene che io dica una buona volta con
tutta chiarezza che Benedetto alla fine non si è dimesso a causa del povero
e mal guidato aiutante di camera, oppure a causa delle “ghiottonerie”
provenienti dal suo appartamento che nel così detto “affare Vatileaks”
circolarono a Roma come moneta falsa ma furono commerciate nel resto
del mondo come autentici lingotti d’oro. Nessun traditore o “corvo” o
qualsivoglia giornalista avrebbe potuto spingerlo a quella decisione.
Quello scandalo era troppo piccolo per una cosa del genere e tanto più
grande il ben ponderato passo di millenaria portata storica che Benedetto
XVI ha compiuto.
L’esposizione di questi
Dall’elezione del suo successore Francesco il 13 marzo 2013 non vi
sono dunque due papi, ma de facto un ministero allargato – con un
membro attivo e un membro contemplativo. Per questo Benedetto XVI
non ha rinunciato né al suo nome, né alla talare bianca. Per questo
l’appellativo corretto con il quale rivolgerglisi ancora oggi è “Santità”; e
per questo, inoltre, egli non si è ritirato in un monastero isolato, ma
all’interno del Vaticano – come se avesse fatto solo un passo di lato per
fare spazio al suo successore e a una nuova tappa nella storia del papato che egli, con quel passo, ha arricchito con la “centrale” della sua preghiera
e della sua compassione posta nei Giardini vaticani.
Nella sua panoramica del pontificato, Regoli espone tutto questo
chiaramente come mai nessuno prima. La parte forse più commovente
della lettura è stata per me il passo dove, in una lunga citazione, egli
ricorda l’ultima udienza generale di Benedetto XVI il ventisette febbraio
2013 quando, sotto un indimenticabile cielo limpido e terso, il Papa che di
lì a poco si sarebbe dimesso riassunse il suo pontificato così:
“E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti
di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san
Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha
donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata
abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate e il
vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava
dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho
sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua.
E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente
anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è
stata ed è una certezza, che nulla può offuscare”.
Non ai papi ma a Cristo, al Signore stesso e a nessun altro
appartiene la navicella di Pietro frustata dalle onde del mare in tempesta,
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quando sempre di nuovo temiamo che il Signore dorma e che non gli
importi delle nostre necessità, mentre gli basta una sola parola per far
cessare ogni tempesta; quando invece a farci cadere di continuo nel
panico, più che le alte onde e l’ululato del vento, sono la nostra
incredulità, la nostra poca fede e la nostra impazienza.
Così questo libro getta ancora una volta uno sguardo consolante
sulla pacifica imperturbabilità e serenità di Benedetto XVI, al timone della
barca di Pietro negli anni drammatici 2005-2013.
Nello stesso tempo tuttavia, con questo illuminante resoconto, ora anche
lo stesso don Regoli prende parte a quel munus Petri di cui ho parlato.
Come prima di lui Peter Seewald e altri, anche Roberto Regoli – in qualità
di sacerdote, professore e studioso – si immette così in quel ministero
petrino allargato intorno ai successori dell’apostolo Pietro; e per questo
oggi di cuore lo ringraziamo. "
Mons. Georg Gänswein,
Prefetto della Casa Pontificia
20 maggio 2016