Dopo il caso Bindi, l'opposizione chiama all'adunata generale, ma da anni definisce fasciste o gallinelle le esponenti del centrodestra. La verità è che questa è solo l'ennesima campagna di odio contro Berlusconi
di Giorgia Meloni Ministro da il Giornale
Alla guerra delle donne ci si deve andare con i capelli tagliati corti, la gonna lunga, lo sguardo truce, e slogan di quarant'anni fa, tipo «fallo a pezzi!». Anche se questa volta si tratta del Capo del governo. Oppure si può scegliere di non partecipare all'ennesima guerra tra italiani, tra donne, tra donne e uomini, in nome dell'ennesima ideologia. Si può scegliere, semplicemente, di lavorare per se stesse, per la propria gente, per la nazione, senza per forza buttarsi in politica. O ancora si può scegliere di fare politica nel centro-destra. Si può persino scegliere di non odiare gli avversari, mettendo in discussione le proprie convinzioni, confrontandole quotidianamente con la realtà che ci sta intorno, consapevoli di non avere alcuna supremazia
Non combatterò questa guerra: la solidarietà a senso unico mi scoccia morale o intellettuale da esibire, ma solo idee diverse per il bene di tutti.
Alla guerra delle donne, io non andrò per diversi motivi.
Innanzitutto perché, come ho già avuto modo di rimarcare un paio di giorni fa, mi scoccia profondamente la solidarietà a senso unico. Quella che chiama all'adunata generale per una battuta poco elegante del premier, ma non si smuove mai per le volgarità e il violento disprezzo che quotidianamente si riversano sulle donne che hanno scelto di votare o impegnarsi nel Popolo della Libertà. Anzi ci si sghignazza sopra, ci si rotola dentro, ci si accuccia sotto. E sì che ogni giorno ce ne sarebbe una per indignarsi in difesa di queste donne. Sono anni che le donne che assumono incarichi di responsabilità nel centrodestra vengono descritte come fasciste esaltate, o prostitute, o magari «gallinelle del potere» (copyright Giorgio Bocca).
Sono anni che perfino le donne che scelgono semplicemente di votare per il Popolo della Libertà odi militare nel centrodestra vengono villaneggiate, dipinte come stupide borghesi o povere schiave di «Beautiful» e della «Ruota della fortuna». Ciononostante, queste donne non hanno mai chiesto solidarietà a nessuno, né si sono mai abbandonate all'odio per chi votava un altro partito. Piuttosto, hanno continuato a lavorare, a crescere figli, a svolgere dignitosamente la propria esistenza, e talvolta il proprio impegno politico e civile.
Alla guerra delle donne, io non andrò anche per solidarietà nei confronti del Capo del governo, liberamente eletto dal popolo italiano. Perché è legittimo contestare la battuta di Berlusconi a Rosy Bindi, e io stessa me ne sono dispiaciuta, ma allora si deve avere anche l'onestà intellettuale di prendere le distanze dall'uso quotidiano di insulti che viene fatto nei confronti del Premier. Provateci voi a sopportare, ogni singolo giorno, l'accusa di essere mafiosi o pedofili, «ominicchi» o «psiconani», tanto per citare i primi che mi vengono in mente. Sì, perché anche l'estetica può essere un ragionevole motivo per insultare l'avversario, basta che questi sia di centrodestra. E che a insultare siano un Franceschini o un Di Pietro qualunque.
Alla guerra delle donne non andrò perché non voglio diventare un politico incapace di rispettare chi viene scelto dal popolo italiano, a meno che non sia lo stesso votato da lui. Una persona incapace di amare la propria gente a prescindere dalle idee politiche che esprime. Una donna che non sa resistere al bando di arruolamento di una nuova campagna di odio della sinistra e delegittima se stessa nello strumento di un'altra guerra più bella che intelligente.