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mercoledì 1 dicembre 2010

Gli "studenti invecchiati" che sognano un nuovo '68

Riporto un bellissimo pezzo di Pasolini, si riferisce alle violente prese di posizione degli studenti del '68. E' di straordinaria attualità.
Detesto questo "studenti invecchiati" che con l'Università e lo studio di oggi hanno ben poco a che vedere, sono i reduci del '68 e non sono ancora cresciuti, vivono di ricordi  sbiaditi  e amano solo il caos in nome e per conto di una rivoluzione (quella di quegli anni, appunto) che ha ridotto la scuola e la società al degrado che viviamo oggi.

"È triste. La polemica contro il PCI andava fatta nella prima metà del decennio passato. Siete in ritardo, figli. E non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati... Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi quelli delle televisioni) vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio delle Università) il culo. Io no, amici. Avete facce di figli di papà. Buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo. Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo) ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori e sicuri: prerogative piccoloborghesi, amici. Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti! Perché i poliziotti sono figli di poveri. Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
Quanto a me, conosco assai bene il loro modo di esser stati bambini e ragazzi, le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui, a causa della miseria, che non dà autorità. La madre incallita come un facchino, o tenera, per qualche malattia, come un uccellino; i tanti fratelli, la casupola tra gli orti con la salvia rossa (in terreni altrui, lottizzati); i bassi sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi caseggiati popolari, ecc. ecc.
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci, con quella stoffa ruvida che puzza di rancio fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente, è lo stato psicologico cui sono ridotti (per una quarantina di mille lire al mese): senza più sorriso, senza più amicizia col mondo, separati, esclusi (in una esclusione che non ha uguali); umiliati dalla perdita della qualità di uomini per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare). Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care. Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia. Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete! I ragazzi poliziotti che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione risorgimentale) di figli di papà, avete bastonato, appartengono all’altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte della ragione) eravate i ricchi, mentre i poliziotti (che erano dalla parte del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque, la vostra! In questi casi, ai poliziotti si danno i fiori, amici."

martedì 2 settembre 2008

GOMORRA PALLONARA

GOMORRA PALLONARA

Pronti via e il «nostro meraviglioso pubblico», il «dodicesimo uomo» in campo si è fatto riconoscere. Dico dei tifosi di football, beh, tifosi è eccessivo; delinquenti, ultrà, fighters, brigatisti, drughi, camerati e compagni mi sembrano più aderenti ai soggetti in questione. Assalito il solito autogrill nel ritorno da Genova, dopo Sampdoria-Inter, idem come sopra per un paio di autobus dei leccesi che se ne andavano verso lo stadio Olimpico di Torino ma sono entrati in collisione con i galantuomini granata. Alla stazione ferroviaria di Napoli è andata in onda una Gomorra pallonara, duecentocinquanta passeggeri dell'Intercity diretti verso Torino sono stati fatti sloggiare, cioè fatti scendere, bagagli appresso, con le cattive maniere, invitati a filarsela da un numero doppio di guappi appassionati del ciuccio napoletano che urlavano il loro diritto-dovere di insediarsi a bordo e di occupare i posti sui quali stavano sedute mamme, pupi, impiegati, anziani e affini, essendo loro, i tifosi come vengono chiamati, i soli autorizzati a viaggiare verso Roma per la partita contro la squadra di Spalletti.
Scene da saloon, urla, spintoni, cazzotti, bestemmie, poliziotti presi in mezzo, bambini piangenti, affanno, il questore che critica le Ferrovie dello Stato, queste che cercano di fornire una spiegazione da repertorio, i duecentocinquanta passeggeri normali, ordinari, umani, romantici, hanno provato a protestare ma abbandonando gli scompartimenti; quattro ferrovieri sono rimasti contusi, non credo che domani i sindacati dichiarino lo sciopero di protesta contro gli ultrà. Il treno è partito con tre ore di ritardo, carico di gentlemen che cantavano i loro cori, dopo aver acceso i bengala, sparato i petardi. Lungo la pensilina è rimasta una madre, Anna. Doveva partire per Genova, l'aspettava un consulto medico, all'ospedale Gaslini, per il suo bambino. C'era un'altra donna, in lacrime, avrebbe voluto raggiungere la famiglia colpita da una tragedia, c'era un impiegato che doveva rientrare a Torino dopo le ferie estive per riprendere il lavoro, c'erano altre figure, uomini, donne, bambini, sbalorditi, facevano domande, non trovavano risposte. Tutti presi dalla rabbia e dalla paura. C'erano anche turisti stranieri, di nuovo alla scoperta di una Napoli ripulita, restituita a se stessa e non soltanto ai mariuoli e camorristi. Gli stranieri chiedevano che cosa stesse accadendo, una rivolta di popolo? Una zuffa tra mascalzoni? No. Una trasferta per una partita di football. Il treno è arrivato a Roma con un'ora di ritardo sull'orario di inizio della partita, i gentiluomini a bordo di quattro autobus, gratuitamente, hanno raggiunto lo stadio Olimpico, hanno sfondato i cancelli, sono entrati senza biglietto, hanno sparato altri mortaretti, hanno preso posto dove pareva loro, padroni, sempre. Quasi tutti incappucciati, quasi tutti con le divise da lavoro, fazzoletti come bavagli dei cow boys, occhiali da sole, qualche arma, catena, pugno di ferro, nascosta nei jeans e sotto le felpe. La Digos ha bloccato uno dei mille eroi dotato di martello, altri hanno evitato il controllo, nel nostro Paese è consentito, è possibile. Il ministro Maroni di questi dovrebbe anche occuparsi. Gli extratifosi, gli extracittadini, un popolo itinerante, viscido che si raggruma con il tam tam delle radio e dei “muri” internet, che vive a Milano e a Torino, che sta a Verona e a Bergamo, che abita a Napoli, Firenze e Roma, che vegeta a Catania e a Palermo, a Lecce e a Bari, dovunque ci sia l'occasione per fare guerriglia, vigliacca, miserabile, guerriglia ma non la guerra che è una cosa seria e drammatica e dalla quale la tribù di Napoli e degli altri siti se la squaglierebbe secondo istinto. Non sono bastate le morti, sono inutili e falsi i cosiddetti minuti di silenzio. Questa immondizia umana è impossibile da portare via con le ruspe o con i termovalorizzatori. È pattume che viene protetto, che viene esaltato, foraggiato e mai smascherato, la caccia al violento è circoscritta ad altre sacche sociali. Il calcio e tutti i suoi componenti, dai dirigenti agli allenatori, dai calciatori ai giornalisti, continua a conviverci, pensando di farla franca con l'urlo per un gol, un dribbling, una parata. Qualcuno ha il coraggio di spiegarlo a quella mamma in lacrime, con un bimbo in braccio, lungo la pensilina polverosa di Napoli centrale?
DA MILANOMETROPOLI.COM