I politici hanno l'apocalisse facile quando si riferiscono ai programmi e alle realizzazioni degli avversari. Ma nella sua intervista di ieri a Repubblica, Walter Veltroni è andato molto al di là d'ogni limite, se non di ragionevolezza, almeno di decenza. Lo ha fatto forse nel tentativo sciagurato di emulare Antonio Di Pietro.
Già l'incipit veltroniano evocava le miserie, le macerie, le tristizie, i lutti d'un Paese percorso dai lanzichenecchi, angosciato dalla fame, decimato dalla peste. Sentitelo: «L'Italia vive la crisi più drammatica dal dopoguerra in poi. Berlusconi prende in giro i cittadini e si occupa solo dei suoi affari personali». E più avanti, nella stessa terrificante chiave, il leader - si fa per dire - del Partito democratico definiva l'attuale «il momento più drammatico della storia italiana».
Non vorrei essere frainteso. Stiamo vivendo una stagione di vacche magre pur tra esodi vacanzieri e squilli di telefonini. È un brutto periodo di un'Italia che tuttavia appartiene alla riserva «ricca» del pianeta. Ma il lamento veltroniano non voleva deplorare una stagnazione e un declino che tutti avvertiamo con disagio. No, era un lamento d'accusa. L'Italia soffre perché è agli ordini del Cavaliere, issato in sella da un'elezione trionfale.
Siamo uomini di mondo, disposti a concedere parecchio alla retorica di parte. Ma Veltroni, lo ripeto, esagera. Finge di ignorare che un'ondata straordinaria di favore popolare ha portato Berlusconi a Palazzo Chigi e ne ha sloggiato Romano Prodi: dalla gente comune e con il buon senso comune considerato il colpevole primo della situazione di sfascio, di indecisionismo cronico, di velleitarismo sterile in cui l'Italia si divincolava. Per quanti difetti possa avere, il governo Berlusconi non riuscirà mai - essendo l'impresa impossibile - a far rimpiangere quell'accozzaglia arrogante e impotente che era il governo precedente. Prodi sostenne, insediandosi, di voler dare serietà al potere. Sentitela la serietà, nelle parole almeno su questo punto sincere di Veltroni: «Prodi, dopo la vittoria del 2006, fu assediato dai partiti che lo costrinsero a fare un governo di cento persone». Tra i ministri che egli nominò c'era l'ex pm Antonio Di Pietro del quale ora Walter Veltroni dice che le questioni sociali «non sa nemmeno dove stiano».
Se vuole annunciare cataclismi, e imputarli al Cavaliere, Veltroni si diverta pure. Ma gli crederanno in pochi. Si sostiene che gli italiani hanno la memoria corta, ma non corta al punto d'aver dimenticato una dirigenza del Paese al cui confronto la prova d'orchestra di Fellini aveva una perfezione toscaniniana.
da IL GIORNALE
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