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venerdì 26 aprile 2013

25 aprile 2013 - Ferdinando Valletti


25 aprile 2013 - Ferdinando Valletti

pubblicato da tonyface  che ringrazio di cuore!



Ogni anno questo blog FESTEGGIA il 25 APRILE.
Quest'anno ALBERTO GALLETTI ci regala una preziosa, interessantissima e stupenda testimonianza di LOTTA legata al CALCIO.

Ho trovato questa storia mentre scartabellavo sul web in cerca di materiale pallonaro sui mezzi di informazione britannici.
Come sapete sono allergico alla politica, a tutte le sue fottutissime imposizioni e naturalmente anche alla tirannide.
La dedico a voi càsula nella ricorrenza del 25 aprile.


Ferdinando Valletti nacque a Verona il 5 aprile 1921. Giocò per l’ Hellas Verona e il Seregno in Serie B prima di essere acquistato dalMilan con cui giocò nelle stagioni 1942/43 e 1943/44.
Centrocampista difensivo, giocò coi rossoneri insieme al grande Meazza, dati i tempi, lo stipendio del Milan non bastava , trovò così impiego all’Alfa Romeo come operaio.
Venne arrestato e deportato per aver aderito allo sciopero del marzo 1944, prima a Mauthausen e poi a Gusen, dove finì nella famigerata ‘squadra del cemento’ uno spietato reparto di lavori forzati per costruzioni di gallerie in cui si moriva di stenti A causa delle condizioni disumane e gli immani carichi di lavoro, aveva solo 22 anni e sparì da Milano lasciando la moglie in attesa di un figlio che non immaginava nemmeno l’esistenza dei lager e non sapeva dove fosse finito.

La sua dimestichezza col pallone venne notata nel campo di concentramento e una guardia gli chiese un giorno se sapesse giocare a foot-ball, ‘si’ - rispose Valletti-, ‘sono un giocatore del Milan’. La guardia per niente commossa gli concesse un provino, ‘se ci accorgiamo che hai mentito ti fuciliamo sul posto’ fu la risposta.
Valletti sostenne il provino, quasi privo di forze date le condizione disumane in cui viveva all’interno del campo, ma riuscì a convincere gli osservatori con una prestazione di grande sacrificio e venne così inserito in una squadra formata da guardie delle SS di stanza nel campo del lager.
Grazie a questa nuova posizione ottenne un posto di lavoro nelle cucine e soprattutto accesso al cibo e un occhio di riguardo da parte delle autorità.

Fece tutto ciò che fu nelle sue possibilità per aiutare altri prigionieri, procurando loro cibo di nascosto, salvò molte vite umane, tra cui quella del pittore Aldo Carpi che lo citò nel suo tristissimo ‘Diario di Gusen’.

Venne liberato il 5 maggio 1945 dalle truppe alleate e fece ritorno a Milano, nonostante la condizione di ‘privilegio’ pesava 35 chili, il suo peso forma al Milan era di 70kg, ritrovò la moglie e una figlia di dieci mesi.
Smise di giocare e tornò all’Alfa Romeo dove divenne dirigente e rimase fino al ritiro e alla pensione nel 1978. Fu insignito dell’ Ambrogino d’oro nel 1976 e della Stella al Merito del Lavoro nel 1979.
Morì nel 2007 a 86 anni, malato di Alzahimer.

NELLE FOTOUna formazione del Milan nel periodo bellico, F.Valletti è il quarto in piedi da destra, il terzo accosciato da sinistra è Meazza

F. Valletti (con la valigetta in mano) fotografato nell’immediato dopoguerra col capitano del Milan Giuseppe Antonini, il primo in piedi a sinistra è il grande Gunnar Nordahl 

mercoledì 10 febbraio 2010

dal Blog di Vitoschepisi per assoluta condivisione!

10 febbraio 2009 Il Giorno del Ricordo: la Storia fatta di silenzi

La storia fatta di silenzi, di falsificazioni, di mistificazioni, non è maestra di vita.

Oltre 60 anni di silenzi e di omissioni. Ma nascondere la storia delle viltà è come esser vili due volte!
Sono stato a Basovizza due anni fa. E’ una località appena fuori Trieste in cui è presente una cavità utilizzata tra l’aprile ed il maggio del 1945 dalle milizie comuniste di Tito per occultare i cadaveri di italiani, in particolare triestini, contrari al comunismo ed all’invasione degli slavi a Trieste.
A Basovizza c’è una delle cavità carsiche chiamate “foibe”, una delle due rimaste in territorio italiano (anche se, a differenza di altre, in origine la cavità di Basovizza era un vecchio pozzo minerario di carbone). Dal 1992 è monumento nazionale.
Ho girato per quei luoghi, sono stato oltre l’attuale confine, in territorio sloveno e croato, già terre italiane. Ed è facile in quei posti lasciarsi trasportare dai ricordi storici e dalla memoria delle tensioni politiche. Ho raccolto così il ricordo delle mie letture sulla fine del fascismo, sulla repubblica sociale di Salò, fino alla conquista della democrazia in Italia. Ho ripercorso le tappe che hanno segnato la storia di queste terre italiane, luoghi bellissimi che ci sono rimasti cari: un territorio così crudelmente martoriato e ferito.
Ho ricordato il Trattato di Pace di Parigi, nel 1947, che tolse alla sovranità italiana Zara, Fiume e l’Istria e pose Trieste ed il suo territorio circostante sotto controllo delle Nazioni Unite. Il Territorio Libero di Trieste. Il fantasma di una nuova entità nazionale mai sorta. E poi nel ’54 la divisione del T.L.T. in due zone, la A e la B, ed il passaggio della città di Trieste sotto controllo italiano, ma anche l’ulteriore tristezza dell’occupazione slava della zona B a sud di Trieste. Capodistria ed altre piccole realtà abitate prevalentemente da italiani dove la pulizia etnica era iniziata da subito dopo il 25 aprile, subito dopo la fine della guerra di liberazione.
Il 25 aprile per Trieste è stato l’inizio di una immane tragedia: un incubo per gli abitanti e per coloro che sognavano un’Italia libera dagli orrori della guerra e delle dittature. Un sogno vilmente infranto nella indifferenza del mondo, ma anche, e ciò è ancora più doloroso, nella disattenzione della politica e della informazione italiana.La divisione geopolitica delle due zone di Trieste fu poi sancita definitivamente con il Trattato di Osimo del 1975.
Una lunga storia di deportazioni, di omicidi, di violenze, di repressione, di pulizia etnica, di crudeltà, di barbarie. Come dimenticare la storia degli esuli istriani e degli italiani cacciati o messi in condizione di lasciare le loro terre ed i loro averi, sottoposti alle angherie del regime comunista del Maresciallo Tito?
I morti si sono contati a decina di migliaia, anche se non è stato mai possibile un censimento. 350.000 sono stati valutati gli esuli fuggiti in Italia: uomini, donne, vecchi e bambini derubati di tutto, senza un soldo, un lavoro, spesso solo con i vestiti indossati e spinti oltre frontiera dal terrore di essere percossi, trucidati, ammazzati.
Il ricordo dei martiri ricorda la Shoah, l’Olocausto infame verso il popolo ebraico, e come questa tragedia ha valore universale, per non dimenticare, perché non sia solo il consueto e generico omaggio alle vittime, ma un monito alle coscienze.
Ciò che è successo a Trieste ed in Istria va oltre gli atti di guerra: si è trattato di crimine. E’ nostro dovere gridarlo e ricordarlo in ogni occasione. Il crimine non può passare sotto silenzio, non lo si può liquidare soltanto come le azioni di comune viltà che ogni conflitto propone.
Il tentativo, per molti anni, di nascondere, di far finta di niente, di sottacere e di compiacere è stato vile. Fu viltà anche quella degli italiani militanti nel pci che si prestarono a collaborare con la ferocia dei comunisti slavi a danno di altri italiani. A Trieste, ad esempio!
La lotta di liberazione in Italia per alcuni fu solo l’occasione per tentare la conquista del potere, il pretesto per esercitare le vendette politiche e personali, un teatro in cui rappresentare le proprie spinte ideologiche: è la verità della storia che emerge!
Non fu vile, infatti, l’azione di Togliatti quando spingeva a barattare Gorizia con Trieste? Non fu vile il cosiddetto “Migliore” nel minimizzare e parteggiare con quei dittatori che usavano gli stessi metodi dei nazifascisti? Non fu vile, oltre che falso, affermare che “
la maggioranza del popolo di Trieste, secondo le mie informazioni, segue oggi il nostro partito”? E che dire dell’odioso cinismo della sua affermazione sulle vittime delle foibe: “una giustizia sommaria fatta dagli stessi italiani contro i fascisti”?
Non avevo idea di queste cavità carsiche ed in verità continuo a non averne. Ho trovato un grosso coperchio di ferro, un quadrato di circa 20 metri di lato che copriva la bocca della cavità. Mi è rimasta la curiosità di queste gole in verticale tra le rocce. Mi aspettavo di vedere questo buco nero nella terra che poi è tra i buchi oscuri della nostra storia nazionale: quella che finora nessuno ha avuto il coraggio di raccontare per davvero e fino in fondo. Tutto intorno una pavimentazione pietrosa con sensazione di trascuratezza e di abbandono. In verità, sono rimasto deluso!
Mi aspettavo un luogo ben curato, come accade per i sacrari in Italia. Ma non ho avuto, invece, la percezione della sacralità e dell’invito a riflettere. Solo la sensazione di un posto come tanti, come uno dei tanti luoghi teatro della nostra storia, ma senza particolare rilievo. Come se non fossero stati nostri fratelli da onorare quei morti, tra cui vecchi, donne e bambini, colpevoli solo d’essere italiani. Ho avuto l’idea che tutti avessero voluto dimenticare e nascondere.
Se si leggono le cronache dell’epoca, le testimonianze dei profughi, se si legge la storia, emerge invece quanto questa terra fosse stata amata e quanto i suoi abitanti avessero sentito fortemente l’attaccamento all’identità nazionale italiana. Un cippo con l’indicazione negli anni delle profondità poi ricoperte con residuati bellici, scarichi di materiali di risulta e di corpi umani di provenienza diversa. Tra questi appunto quelli dei molti italiani che sul finire della guerra, anzi a guerra finita, sono stati trucidati o gettati ancora vivi dai comunisti del maresciallo Tito.
Qualche corona d’alloro rinsecchita, un muro, una scritta, due lapidi: una in memoria di 97 finanzieri italiani trucidati e l’altra in ricordo di tutti i militari italiani e stranieri uccisi nel maggio-giugno 1945 a guerra finita. Tutto qui! Tutto qui a Basovizza per ricordare quanto l’Italia civile abbia pagato per la follia del fascismo e per la viltà del comunismo.
Che pericolo l’Italia ha corso! Subito il pensiero, atroce: e se le truppe di Tito al finire della guerra non fossero state fermate dagli alleati a Trieste? Un brivido gelido lungo la schiena: l’Italia ha rischiato davvero!
Il 10 febbraio di ogni anno è ciò che ci resta. E’ il giorno del ricordo per non dimenticare. Per non dimenticare la storia dei profughi. Per non dimenticare la viltà dei sindacalisti della Camera del Lavoro di Bologna che impedirono la sosta del treno carico di profughi istriani affamati ed assetati, in transito mentre erano diretti a Roma. Per non dimenticare il vile giudizio, severo e sommario, che i comunisti italiani tranciarono su questi fratelli italiani fuggiti dall’orrore.
Così scriveva l’Unità, organo ufficiale dei comunisti italiani: 
“Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città. Non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall'alito di libertà che precedeva o coincideva con l'avanzata degli eserciti liberatori”.Eserciti liberatori …la milizia comunista di Tito? …se non fu questa viltà?
Come si può essere orgogliosi d’essere italiani, se non si è in grado di aver dolore e pietà per coloro che sono morti invocando la libertà ed il riconoscimento della propria identità nazionale?
“tombe senza nomi e senza fiori dove regna il silenzio dei vivi
ed il silenzio dei morti”
Vito Schepisi

giovedì 24 aprile 2008

25 APRILE - UNA LEZIONE DAGLI AMICI DI ISRAELE

25 APRILE. DAVIDE ROMANO, SEGRETARIO AMICI DI ISRAELE: "CI SAREMO ANCHE QUEST'ANNO DIETRO ALLE INSEGNE DELLA BRIGATA EBRAICA. E INSIEME A NOI ANCHE L’ON. FIAMMA NIRENSTEIN DEL PDL E DOUNIA ETTAIB ( DONNE ARABE D’ITALIA). TUTTI SOTTO SCORTA, PROPRIO IL 25 APRILE"

Lo dichiara Davide Romano, segretario dell'associazione Amici Di Israele, che ogni anno partecipa al corteo del 25 aprile portando lo striscione della Brigata Ebraica


Anche quest'anno parteciperemo con orgoglio al corteo del 25 aprile. Sfileremo dietro allo striscione della Brigata Ebraica, il gruppo di 5000 sionisti che - inquadrati nell'esercito britannico - si offrirono volontari per combattere contro i nazi-fascisti. Per prendere parte al corteo della Liberazione insieme agli altri anche quest’anno - “grazie” agli autonomi - dovremo affidarci alla protezione delle forze dell’ordine cui va la nostra gratitudine.
Domani avremo l'onore di avere al nostro fianco delle donne coraggiose, che purtroppo sono sotto scorta non solo il 25 aprile, ma tutto l’anno.
Da un lato la giornalista - ora parlamentare del PDL - Fiamma Nirenstein. Una presenza simbolicamente importante soprattutto dal punto di vista politico. Perché il 25 aprile sia finalmente una festa di tutti, senza preclusioni per alcuno dei partiti politici, a parte quelli fascisti. Siamo certi che con la presenza della Brigata Ebraica, e di una coraggiosa esponente antifascista del PDL come Fiamma Nirenstein, il corteo del 25 aprile saprà meglio rappresentare quello che è stata la Liberazione: una storia di tanti (soldati Alleati appartenenti a di più di 30 nazioni, e partigiani italiani di tutti i colori politici), uniti nella lotta per la libertà dal nazi-fascismo. Ed è proprio nello spirito del recupero di quella pluralità e fratellanza dei combattenti contro il totalitarismo, che assieme a noi marcerà anche Dounia Ettaib (leader del DARI, Donne ARabe d’Italia). Anche lei, come Fiamma Nirenstein, costretta a vivere sotto scorta a causa delle continue minacce subite dai fanatici islamici.
Non possiamo quindi che ringraziare queste moderne “partigiane” della libertà di pensiero: per aver scelto di marciare con noi e per non aver ceduto al ricatto della paura nel giorno della Liberazione.