Siccome le ronde sono considerate una cosa «di destra», mi permetto di dare alla destra un piccolo suggerimento: impari dalla sinistra, o meglio da uno di quei prodotti del progressismo internazionale che è il cosiddetto politically correct. Impari dunque dal politically correct, e faccia un'operazione molto semplice: cambi nome. Invece di chiamarle «ronde», le chiami in un altro modo. Con un termine più soft, più rassicurante.
Il termine «ronda», benché di destra, suona infatti un po' sinistro. Lo Zingarelli così lo definisce: «Servizio armato svolto da più militari al comando di un graduato, a scopo di vigilanza mobile, spec. notturna». Il vocabolario on line di Sapere.it non dà una definizione molto diversa: «Servizio d'ispezione al quale sono comandati due soldati di truppa e un graduato, armati di pistola, per il controllo dei militari in libera uscita».
È vero che il vocabolo può essere utilizzato anche per altri significati. Sempre lo Zingarelli, infatti, considera pure la un po' meno militaresca interpretazione di «fare la ronda a un luogo», che sta per «sorvegliarlo». E addirittura contempla questa possibilità d'uso: «Fare la ronda a una donna: corteggiarla». Però adesso stiamo parlando di ronde anti-criminalità, anti-spacciatori, anti-stupri, insomma un qualcosa che ha a che fare con l'ordine pubblico, ecco perché l'ipotesi di una ronda organizzata dai cittadini inquieta: si pensa subito a tabaccai, gioiellieri, inquilini di villette a schiera che girano «armati di pistola» come dice il vocabolario, e se poi il «graduato» ha la faccia di Calderoli, ecco che si grida subito al rischio-razzismo.
È curioso che in una società in cui si è ormai da tempo esorcizzato ogni male, ogni pericolo e in genere ogni cosa sgradevole con neologismi o addirittura con sigle che attenuano o nascondono il vero significato, non si sia ancora trovato un morbido sinonimo di «ronda». Sono anni che non muore più nessuno (ci si spegne; ci si congeda; si dà l'addio) e anche che nessuno soffre più di gravi handicap (succede invece di essere diversamente abili); sono scomparsi i moribondi, sostituiti dai «malati terminali», e perfino i ciccioni, ora «persone di taglia importante»; in guerra le vittime sono «effetti collaterali»; le aziende non licenziano più ma «mettono in mobilità», la galera è una «custodia cautelare», l'aborto una «ivg», la fecondazione artificiale una «fivet».
L'inglesorum tanto in voga presso noi italiani ha dato una mano considerevole: le angherie del capoufficio sono diventate «mobbing», i corteggiamenti ossessivi e molesti «stalking». C'è perfino il «bossing» (ammetto di averlo scoperto solo ieri): è una sorta di «mobbing strategico», lo attua il datore di lavoro per indurre un dipendente a dimettersi.
Eppure, in questa gattopardesca società che nel linguaggio ha cambiato tutto affinché tutto restasse come prima, non s'è ancora trovato un termine che riesca a far digerire le ronde. Credo che, una volta trovata la parola magica, anche la sinistra e gli intellettuali perbene non muoveranno più obiezioni. Ormai anche il mondo progressista ha capito che il problema della sicurezza non può essere non dico risolto, ma neppure affrontato senza la collaborazione dei cittadini. Ieri, saputo dei vari progetti sulle ronde all'esame del governo, l'opposizione ha detto: basta con gli spot, ci vogliono più uomini e mezzi. Ma i politici sono sempre indietro di un giro. È chiaro a chiunque che il vero spot è quello con cui si invoca un aumento di uomini e mezzi per le forze dell'ordine. Primo perché le risorse sono quelle che sono. Secondo perché anche potendo spendere miliardi di euro, è impensabile che polizia e carabinieri possano presidiare notte e giorno strade e viuzze di città e di paesi.
I politici sono indietro di un giro, dicevo: ieri perfino Michele Serra, su Repubblica, ha scritto che è ora di capire che una «partecipazione popolare» può e anzi deve essere determinante contro la criminalità. Molti Comuni anche di sinistra hanno addestrato e arruolato cittadini che non hanno alcun prurito alle mani, né aspirazioni da Rambo dei poveri: ma che, spesso da bravi volontari, presidiano le scuole o i giardinetti dove girano mamme con le carrozzine. È un esempio da seguire. Basta solo che il governo trovi un nome perbene, tipo «ausiliari dei diversamente regolari», e passeranno perfino le ronde anti-clandestini.
Michele Brambilla- IL GIORNALE
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mercoledì 18 febbraio 2009
Le ronde? Tutti le vogliono (ma non si può dire)
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sono giornalista dal 1988, ho diretto alcuni giornali, attualmente www.themilaner.it, fondato da me, ho scritto diversi libri relativi al mio vissuto, ma anche a fiabe per bimbi.
venerdì 16 maggio 2008
Rom, i muscoli di Silvio
La domanda sorge spontanea, come diceva l'ottimo Antonio Lubrano. Ma le maxi operazioni di polizia scattate ieri nei confronti della criminalità straniera, degli immigrati clandestini e dei rom non in regola, come vanno lette? Sono il segno che in realtà prefetti e questori potrebbero benissimo già oggi, e dunque potevano ieri e in realtà hanno sempre potuto, usare la forza pubblica per il rispetto della legge e tutelare meglio la sicurezza senza alcun bisogno di varare modifiche alle leggi vigenti? Oppure è invece diverso, il criterio da adottare per capire che cosa è successo ieri mattina? Non è che per caso siamo semplicemente in presenza di un bel biglietto da visita, presentato a chi ha vinto le elezioni e al nuovo governo dagli apparati di sicurezza, in città "delicate" e "sensibili" dal punto di vista politico? Scusate se me lo chiedo apertamente. Com'è ovvio, il rispetto verso chi serve lo Stato su queste colonne e da parte mia è assoluto. Ma siamo in Italia. E non è che in passato non sia mai avvenuto, che alla vittoria elettorale di una parte sull'altra ecco che per esempio improvvisamente - zac - si acchiappava proprio l'indomani il capomafia latitante da decenni. La casualità è da mettere in conto. Ma anche prefetti e questori tengono famiglia, e ci tengono a far bella figura con chi ha appena assunto il potere. Diciamo che dunque, con ogni probabilità, l'interpretazione giusta sta nel mezzo. Anche perché la sicurezza ordinaria e quotidiana di una società intera e delle sue grandi città non può mai essere figlia di maxiretate speciali, per le quali si mobilitano centinaia di uomini e mezzi che nell'ordinaria amministrazione non sono invece e purtroppo disponibili. I controlli speciali e gli accompagnamenti coatti dei clandestini alla frontiera di questi giorni dimostrano che gli apparati di sicurezza non chiedono di meglio, che vedere potenziati gli strumenti giuridici e pratici per fronteggiare i fenomeni che preoccupano tanto i cittadini. Diciamo che sono un esplicito "incoraggiamento" alla linea che il governo si accinge a varare, con il decreto legge e il disegno di legge che verranno varati mercoledì prossimo da Napoli. Oltretutto si è avuta l'accortezza di compiere l'operazione con la cooperazione diretta della polizia romena, il cui capo ieri e oggi è a Roma, e spiegando direttamente al ministro dell'Interno di Bucarest, venuto apposta in Italia, le misure che Roberto Maroni sta definendo, insieme ai colleghi della Giustizia, Difesa, e con il continuo interfaccia di Palazzo Chigi. La volontà esplicita del governo Berlusconi è quella di evitare attriti internazionali, con Bucarest come soprattutto con Bruxelles, e di scongiurare il più possibile polemiche politiche con l'opposi zione, che andrebbero a ipotecare subito quell'atmosfera di dialogo e confronto costruttivo che oggi stesso viene sancito con il primo incontro tra Berlusconi e Veltroni, ottenuta la fiducia in Parlamento. Con i sindaci, le premesse per evitare fraintendimenti sono state poste. Basta vedere le dichiarazioni rilasciate dal presidente dell'Anci Domenici, sindaco di Firenze e certo non tenero verso il governo, dopo che ieri Maroni gli ha illustrato ciò che si pensa di inserire nel decreto e nel disegno di legge con cui si darà il giro di vite sulla sicurezza. Toni distesi, apprezzamento esplicito per l'accoglimento immediato delle proposte di modifica avanzate dai sindaci all'articolo 54 del Testo unico sugli enti locali, attribuendo al primo cittadino veri e propri poteri in materia di sicurezza pubblica, non solo relativi al decoro e all'igiene della città. E per la stessa ragione Maroni ha immediatamente accolto le richieste avanzate in passato inutilmente dai sindaci di Milano, Roma e Napoli, relative all'attribuzione dei rispettivi prefetti dei poteri di commissario straordinario di governo alla sicurezza. Che l'aria sia cambiata lo dismostrano segnali tra i più contrastanti. Di Pietro, per esempio, colui che si è attribuito la carica di oppositore unico al Silvio IV, ieri ha sfoderato la sua spada a favore del nuovo reato di immigrazione clandestina. A Napoli, il sindaco Iervolino si trova a dover fronteggiare manifesti "fuori i rom" appesi da esponenti del Pd dei diversi quartieri cittadini. E anche nel sondaggio online lanciato da Repubblica, questa è la linea che è prevalsa. Forse per una volta si riesce ad avere norme più severe e città più sicure, senza scontri politici a sangue né effimere maxiretate che lasciano il tempo che trovano. Speriamo, almeno. È la prova che le leggi ci sono Perché nessuno le applicava? Sulla retata di ieri cresce un dubbio: o è stato fatto per compiacere il nuovo governo o si poteva intervenire prima e qualcuno non ha voluto farlo
FONTE LIBERO -OSCAR GIANNINO
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sono giornalista dal 1988, ho diretto alcuni giornali, attualmente www.themilaner.it, fondato da me, ho scritto diversi libri relativi al mio vissuto, ma anche a fiabe per bimbi.
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