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mercoledì 7 dicembre 2011

Manovra Monti: ma quale equità!

Ho assistito alla conferenza stampa di Monti e di alcuni sui ministri sulla manovra economica e ne sono rimasta sconcertata: cinque illustri sconosciuti decidevano del nostro futuro economico senza che nessuno avesse dato loro il titolo per farlo, tra questi il ministro Fornero che annunciava il colpo d'accetta sulle pensioni e nel farlo versava calde lacrime....
Ne ho ricavano una impressione orribile e poi mi sono presa la briga di verificare quello che avevano detto, infiocchettando il loro discorso con le parole: rigore, equità e crescita.
No, non ci siamo: non è equo  deindicizzare le pensioni quando moltissimi pensionati  sopportano magari il carico di aiutare figli e nipoti in difficoltà
Non è equo mettere l'Ici sulla prima casa, pagata e ripagata con mutui pesanti e tassata per anni quando magari è il solo bene di una famiglia e colpire le barche e gli elicotteri solo per fare segnali di fumo ai poveri cristi. La ricchezza si misura sul possesso di una barca e di un elicottero... quanti ce ne saranno in Italia? Pochi!
Dove sono i provvedimenti per equilibrare le rendite dei parlamentari, quelle dei Magistrati e dei funzionari pubblici, dove sono i tagli alle spese dei palazzi del potere e dove sta la tassa sui grandi patrimoni?
Monti dice che è difficile trovarli.. ma stiamo scherzando? Come è possibile che lo Stato non riesca a quantificare i grandi patrimoni fatti di denari ma anche di case, terreni, aziende? Se questo fosse vero, sarebbe lo Stato ad avere gravisse colpe nei confronti dei cittadini che le tasse le pagano e le hanno sempre pagate.
E poi le privatizzazioni: si privatizzano le carceri... mah.... e la RAI? La Rai che nonostate il canone è sempre in deficit e quindi sulle spalle dei consumatori? Quella non la vogliamo privatizzare?
Lo sconcio poi di tutte le forze politiche che hanno abdicato al loro dovere di governare eletti dal popolo per "far fare il lavoro sporco" a Monti è inaccettabile.
Questa è una classe politica inadeguata e inefficiente che merita di essere mandata tutta a casa.. chissà se avranno la spudoratezza di ricandidarsi alle elezioni? Scommetto di si perchè la faccia di tolla non manca a questa gente.. ma questa volta siamo in molti a sapere che cosa fare, piuttosto scheda bianca!

giovedì 18 settembre 2008

Nelle scatole dei lavoratori Lehman sta il vero coraggio

Quella scatola di cartone da sola spiega già tutto. Vale più di un trattato sulla diversità culturale e antropologica del popolo americano. Questi yankee: non avranno il senso del passato tanto che basta uno scatolone a contenerlo tutto. Di sicuro, però, hanno quello del futuro: la certezza che nulla è definitivamente perduto e la speranza che si ricominciare si può. E poi, avete notato? Mica sbraitano e protestano: sembrano accettare come assolutamente “normale” quel trasloco; sorridono sia pur tristemente, ma sorridono. Indossano jeans e t shirt da week end, escono dai palazzi di vetrocemento con lo scatolone. Forse non è la prima volta che han dovuto infilare nella scatola le foto della moglie o del compagno, il fermacarte portafortuna, il computer portatili, le dediche dei colleghi, l’agenda e qualcuno pure la piantina che teneva sulla scrivania. Per molti di loro, dicono le cronache, l’annuncio del licenziamento è arrivato semplicemente con una e-mail: “Grazie per la collaborazione, da domani l’ufficio sarà chiuso. Avete 48 ore per liberare la vostra scrivania”. E’ la formula prestampata per licenziare: nessuno chiede il parere al giudice del Lavoro o le controfirme del rappresentante sindacale. Come se il trasloco fosse nel conto già al momento dell’assunzione.
Ma ve la immaginate una cosa simile in Italia? No, per fortuna, direte subito. Forse avete ragione. Però in fondo a quegli scatoloni, potrebbe esserci dell’altro. Lo si percepisce a vista, basta accostarli alle fotografie delle manifestazioni Alitalia. A Roma, piloti scalmanati in mutande, ringhiosi come kamikaze giapponesi. Hostess in verde con la bandana e il fazzoletto sul volto, a mo’ di improbabili guerrigliere della business class. Urla, slogan di guerra, tamburi, fischietti che nemmeno i metalmeccanici dalla povera busta paga da mille euro al mese riescono a piantare tanto casino. A New York, tutti in coda, gentili e discreti con lo scatolone d’ordinanza. Ma non è soltanto, crediamo, questione di carattere e temperamento. Forse, è il non aver paura del futuro, la disponibilità a ricominciare sempre daccapo, il coraggio di cercare un Nuovo Inizio, quando le circostanze si mettono male e una storia finisce. Piace credere che quei cartoni a New York dicano questo: “Coraggio, rifatevi una vita, reinventatevi un lavoro. In questo Paese si può”.
Che strana forza che paradossalmente si fonda su un principio friabile, sulla convinzione che nulla è garantito, dovuto e legittimamente preteso. Attenzione, nessuno può gioire per migliaia di licenziamenti e gufare perché ciò accada anche da noi. Sarebbe follia. Ma tra la cassaforte italiana e i leggeri e indifesi box americani, una via di mezzo ci sarà pure. Ma occorre rischiare.
I brokers della Lehman hanno messo i loro sogni in scatola, in attesa di poterli spacchettare altrove, su altre scrivanie, in un’altra città. Noi, invece li continuiamo a tenerli chiusi nei cassetti che alla fine diventano armadi a muri inamovibili. La differenza sta tutta qui.
A voi, cari amici, la parola.

fonte Libero-Santambrogio