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domenica 19 aprile 2009

Quel campione di Travaglio

Il cabarettista del Travaglino è tornato ad allietarci con le sue battute che fanno taaaaanto ridere le brave persone. Ha scritto che i giornalisti italiani si dividono in due categorie: quelli che lavorano per Berlusconi e quelli che lo faranno. Che buontempone. Ha dimenticato una terza categoria: quelli che lavorano per Berlusconi e lo nascondono. Quelli, cioè, che lavorano per il Giornaledi Montanelli dal 1987 al 1994 e si adeguano alla linea craxiana-democristiana di un direttore che peraltro definisce Berlusconi come migliore editore possibile. Quelli, ancora, che prima di intraprendere un'intera carriera contro Berlusconi scrivono un paio di libri per la Mondadori di Berlusconi, e questo nel 1994, quando la celebre discesa in campo è già stata annunciata da tempo; il primo libro si chiamava Stupidario del calcio e altri sport, il secondo invece Palle mondiali, a dimostrazione che i veri letterati, a cominciare dal titolo, scrivono sempre lo stesso libro. Ci sono poi altre categorie di giornalisti. Quelli, per esempio, che nel periodo secessionista della Lega scrivono sulla Padania con lo pseudonimo di Calandrino, ché Travaglino pareva troppo smaccato. Quelli che fanno fuoco e fiamme contro il candidato sindaco di Torino Valentino Castellani, nel 1993, e poi, una volta eletto, ci scrivono assieme il libro agiografico Il mestiere di sindaco. Quelli che tuonano contro i parassiti e poi sono pagati dalla Rai e dall'Unità, cioè dal contribuente. Quelli che tuonano contro i giornalisti di partito e poi inneggiano pubblicamente a un partito dei valori cui sono organici. Quelli che scrivono libri antimafia e poi, nel 2003, portano la famiglia a trascorrere le vacanze in presenza di un favoreggiatore di mafiosi arrestato tre mesi dopo: certo Pippo Ciuro che se ne stava a bordo piscina col Travaglino e col pm Antonio Ingroia prima di essere giudicato «figura estremamente compromessa con il sistema criminale». Quelli che «io faccio solo il giornalista» ma poi fanno comizi alle manifestazioni politiche di Grillo e Di Pietro, lo spalleggiano, fanno spettacolini teatrali, invocano il diritto di satira anziché di opinione, vendono dvd di se stesso e libri di carte passate dai magistrati. Quelli che sbraitano perché hanno cacciato Padellaro e Colombo dall'Unità e poi alla fine son sempre all'Unità a prendere la mesata. Quelli che difendono la magistratura sinché la magistratura non punisce i magistrati amici suoi. Quelli che gli inquisiti devono andare a casa purché non siano figli di politici molisani. Quelli che Paolo Garimberti è bravo solo se in Rai respingerà certi direttori. Quelli che guadagnano scrivendo malissimo di Berlusconi. E quelli che, alla faccia loro, persino la domenica, guadagnano scrivendo malissimo dei Travaglini.

mercoledì 22 ottobre 2008

Condannato Travaglio

Diffamò Previti in un articolo scritto per l'Espresso nel 2002.

Il tribunale di Roma ha condannato il giornalista Marco Travaglio (collaboratore tra l'altro della trasmissione di Rai2 «Anno Zero» condotta da Michele Santoro) a 8 mesi di reclusione e 100 euro di multa per diffamazione ai danni dell'ex ministro della Difesa e parlamentare di Forza Italia Cesare Previti in relazione ad un articolo pubblicato dal settimanale «L’Espresso» il 3 ottobre del 2002 dal titolo: «Patto scellerato tra mafia e Forza Italia».
Il giudice ha deciso anche un risarcimento di 20 mila euro per Previti. E’ stata condannata anche Daniela Hamaui, come direttore responsabile del settimanale, a 5 mesi e 75 euro di multa. Per entrambi gli imputati la pena è sospesa.

Nota a margine

L'istituto della Querela in questo caso ha colpito nel segno, in molti altri casi le querele finiscono archiviate dai PM perchè il fatto non sussiste, in questi altri moltissimi casi il querelante arreca comunque un danno morale al querelato incolpevole, poichè questi subisce tutta una serie di procedure che sono indubbiamente pesanti dal punto di vista psicologico: la notifica a casa della querela tramite i carabinieri, la nomina di un avvocato, l'impossibilità di conoscere il motivo per cui è stato querelato fino al termine delle indagini del Gip che durano 6 mesi, al termine dei quali verrà poi a sapere che la querela è stata archiviata e potrà accedere finalmente agli atti della stessa. Insomma voglio dire che anche se la querela viene archiviata il danno morale e biologico arrecato al querelato non si cancella e l'atto stesso resta e spesso un punto di non ritorno, per questo motivo sarebbe opportuno querelare solo a ragion veduta.