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martedì 9 settembre 2008

Lucio Battisti dieci anni fa

Fu il 9 settembre del 1998, in un mattino melanconico di dieci anni fa, che Lucio Battisti se ne andò, nell’ospedale milanese dove l’aveva condotto un male indomabile. Aveva cinquantacinque anni, lo descrissero gonfio, i capelli ricci bruciati dalla chemioterapia, i modi schivi di sempre.

La sua ostinata riservatezza non ci consente oggi di tracciarne un profilo umano e allora lo ricordiamo sulla scorta delle avare notizie che lui lasciò trapelare: la nascita a Poggio Bustone, nei pressi di Rieti, l’approdo a Milano, chitarra a tracolla, l’esordio tra i Campioni di Tony Dallara e poi la grande fortuna della sua vita, l'incontro con Mogol. Che dapprima giudica non eccelso il talento battistiano, poi decide d’aiutarlo a crescere: gli scrive splendidi testi, ne diventa pigmalione e maestro, ne rafforza il gusto e fors'anche l'inventiva.
Prende forma così lo stile battistiano: figlio di molti stili, e tuttavia inconfondibile. Vi confluiscono il senso, tutto italiano, della melodia sinuosa, i rapinosi crescendo e insieme i suoni e i ritmi anglosassoni. Gli echi del Brasile, la levigatezza del pop e talora l’impazienza del rock, o le armonie eterodosse del jazz. Ma non meno fecondo è l’apporto di Mogol. In quei tardi anni Sessanta in cui decollano De André e Guccini, e Gaber ripudia le canzonette per votarsi all’impegno civile, il maestro milanese non rinuncia ai suoi bozzetti d’amore e di vita spicciola, né al suo intimismo mai banale. Mogol non ha rivali, nello smascherare l’epopea nascosta del quotidiano, la grandezza sommessa della piccole cose, il profilo antiretorico, antioleografico della realtà. Grande tecnico, i suoi testi s’adattano perfettamente alla musica di Battisti e ai suoi tratteggi spesso imprevedibili. E nascono così pagine come 29 settembre, Acqua azzurra acqua chiara, Mi ritorni in mente. E ancora Fiori rosa fiori di pesco, I giardini di marzo, Pensieri e parole, La canzone del sole. Nonché Emozioni, di tutto il canzoniere battistiano la pagina, come da titolo, più emozionante: ché a una melodia monocorde suppliscono il testo di Mogol e l’arrangiamento di Reverberi, straordinari entrambi. Poi subentrano dissidi, interessi contrapposti, insofferenze crescenti: la coppia scoppia. E il mito di Battisti imbocca un tunnel acceso soltanto da bagliori saltuari. La collaborazione col poeta Pasquale Panella induce una musica gelida, tecnologica, tutta di testa. Su liriche dove l'emozione latita dietro geniali, ma inestricabili giochi di parole. Il primo album del nuovo corso, Don Giovanni, è a suo modo un capolavoro. Gli altri assai meno. Ma il più, e il meglio, è già stato fatto.

Per molti di noi il Lucio dell'epoca Mogol ha scritto la colonna sonora della gioventù e ci accorgiamo con piacere che ha emozionato e continua ad emozionare anche i nostri figli e per questo merita il nostro grazie e il nostro ricordo affettuoso.