Visualizzazione post con etichetta Arturo Diaconale. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Arturo Diaconale. Mostra tutti i post

lunedì 15 ottobre 2012

La denuncia deve trovare un limite nella proposta


La droga del moralismo mediatico

di Arturo Diaconale
13 ottobre 2012EDITORIALI
 
Il vero limite del moralismo esasperato che domina su tutti i principali media del paese, pubblico o privati che siano, è di non poter avere alcun limite. Questo moralismo è condannato a crescere, sempre e comunque. Perché se non è alimentato di continuo perde vigore, diventa inefficace, non buca il sempre più resistente muro di indifferenza dell’opinione pubblica, non riesce a scavalcare la barriera crescente di assuefazione che le stesse incessanti campagne di moralismo hanno costruito nel paese.
Il termine assuefazione chiarisce perfettamente la natura del fenomeno. Il moralismo agisce sul corpo sociale così come una droga agisce su di un corpo fisco. Deve essere iniettato quotidianamente ed a dosi che non possono decrescere ma, al contrario, debbono aumentare progressivamente. Perché se il flusso di moralismo che viene messo in circolo nella società diminuisce, gli effetti sono immediati. Le vendite dei giornali calano, l’audience si riduce, gli introiti dei proprietari dei media scendono. E, soprattutto, l’attenzione generale tende a spostarsi dal particolare enfatizzato al generale nascosto. Cioè dagli sprechi che giustamente indignano alla ragione di questi sprechi. E poiché chi denuncia i particolari non sa dare risposte alcune ai problemi da cui derivano i particolari urticanti e scandalosi, si preferisce aumentare la dose dello scandalismo per nascondere la propria incapacità di contribuire in qualche modo alla soluzione della questione generale. 
Il fatto che lo scandalismo sia una droga mediatica che produce assuefazioni progressive su una società destinata presto o tardi fatalmente a collassare proprio a causa dell’intossicazione crescente,  non significa, però, però che gli scandali debbano essere nascosti, che la morale non vada predicata, che l’etica e la legalità non debbano essere valori da difendere e sostenere ad ogni costo.
Significa, al contrario, che la denuncia deve trova un limite nella proposta di soluzione generale del problema. E che se si pensa che l’unico modo di reagire, ad esempio, agli sprechi inaccettabili delle Regioni o della politica sia solo quello di stracciarsi le vesti in segno di suprema indignazione, vuol dire che chi distribuisce la droga del moralismo senza il limite di una qualche idea propositiva tesa ad eliminare il drammatico fenomeno è solo uno spacciatore irresponsabile. 
Si dirà che ognuno deve fare il proprio mestiere e che chi denuncia gli scandali non è affatto tenuto ad indicare come prevenirli. Il ché è vero. Ma solo in parte. Perché la denuncia degli scandali nasce dalla conoscenza di ciò che si denuncia. E chi ha la consapevolezza del fenomeno che suscita indignazione deve necessariamente contribuire a fornire qualche indicazione su come fronteggiare il fenomeno stesso. Certo, il giornalista non è un medico sociale ma non può neppure essere uno spacciatore interessato solo a vendere un numero crescente di dosi di indignazione senza sbocco al al consumatore sempre più assuefatto.
Ci deve essere , dunque, un limite. Perché senza la presenza di un qualche limite il corpo sociale va in overdose. Ed esplode non limitandosi a cancellare una classe politica che comunque andrebbe eliminata o totalmente rigenerata , ma travolgendo quelle istituzioni democratiche che consentono di poter continuare a denunciare i problemi sempre più gravi di una società sempre più complessa.
Giusto, in sostanza, denunciare le regioni fonti di sprechi. Ma dopo averle azzerate che si fa? I ricomincia da capo ? Per non cambiare nulla ed avere la possibilità di continuare a spacciare la droga mediatica?