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mercoledì 2 giugno 2010

Forse una svolta sulle cause del morbo di Alzheimer

Una scoperta scientifica sembra individuare  le cause della malattia di Alzheimer e potrebbe portare a un completo nuovo approccio per la cura di questa devastante demenza.

La nuova teoria che sta conquistando la comunita' scientifica e' che il cervello colpito da Alzheimer e' distrutto non da placche (*sticky plaques*)a lungo considerate la causa primaria, ma da grumi di proteine.

Infatti le placche che coprono il cervello delle persone colpite da Alzheimer potrebbero essere invece una forma di protezione del corpo contro questi grumi proteici mortali.
Esattamente come l'ostrica crea la perla per proteggersi da un irritante granello di sabbia che si e' intrufolato in essa.

Per almeno 20 anni, seguendo la teoria delle “placche” come causa della malattia, le compagnie farmaceutiche hanno creato farmaci che le colpissero.

Ma gli esperimenti su cavie e topi pubblicati in Aprile potrebbero provare che queste placche sono solo la punta di un iceberg e cio' potrebbe portare la ricerca verso una nuova direzione.
Molti scienziati ora credono che questi grumi proteici che galleggiano liberamente siano la vera causa della malattia.

“Dove ci sono le placche non c'e' piu' azione” dice Sam Gandy. M.D. Della ricerca sul morbo di Alzheimer al centro Mount Sinai scuola di medicina di New York.

Il lavoro di Gandy e' basato su molti anni di ricerca verso questa teoria. Se la teoria e' corretta, allora I farmaci verso le placche- come molte delle medicine piu' promettenti creati in questi anni- non aiuteranno I malati. Potrebbero anzi fare anche peggio e piu' danni.
Gandy lavora con cavie create in laboratorio che hanno sviluppato la malattia ma hanno solo grumi amiloidi beta proteine e non le placche nel loro cervello.
Questo è l'esperimento finale che fa cambiare tutto dice Andrew Dillin dell'Istituto Salk in California e dell'Istituto medico Howard Hughes.

Lo sviluppo della ricerca e' emozionante, ma William Theis primario del reparto, invita alla cautela. Infatti il divario fra topi e umani e' grande e l'esperimento di Gandi va ripetuto e duplicato anche da altri scienziati prima che le compagnie farmaceutiche comincino a investire bilioni di dollari e creare farmaci a sostegno di questa teoria.

Nonostante cio' questa ricerca e particolarmente importante visto I nuovi dati dell'associazione per l'Alzheimer che dice che il numero di americani sopra I 65 anni che verranno colpiti dal morbo passera' da 5.1 milioni a 13.5 milioni in 40 anni.
A quel punto il costo delle cure per la malattia sara' oltre I $20 trilioni.

UNA RAGNATELA INTRICATA

La teoria di Gandy guarda la base scentifica della malattia in un modo completamente diverso.
L'Alzheimer sembra essere causato dall'accumulo di grumi di materiale formato da proteine impazzite.
Dice Gandy.

Queste proteine normalmente sono nel corpo, possono cambiare forma in molti modi. Possono assumere la forma di una pinzetta per capelli (o spillone per capelli tipo quello delle nonne) e formare fibre chiamate “ placche amiloidi” che si trovano proprio nei pazienti afflitti da alzheimer.

Questi grumi sembrano essere tossici per il cervello dice Gandy.
Lui sostiene che gli oligomeri e non le placche siano la causa della perdita di memoria caratteristica della malattia di alzheimer.
Gandy e I suoi colleghi hanno pubblicato il loro lavoro nel ANNALS OF NEUROLOGY in Aprile.
Dillin dell'istituto Salk in California ha cominciato a seguire la stessa teoria avanzata da questi scienziati molti anni fa ma l'idea era cosi' controversa che alcuni scienziati lasciavano la conferenza durante la sua presentazione.
Oggi sono in molti ad essere convinti che sia la teoria giusta.

UN TOPO SENZA PLACCHE

L'Alzheimer e' caratterizzata da due elementi principali: le cellule amiloidi appiccicose formate fuori dallle cellule del cervello e un groviglio di un'altra proteina,TAU, che e' arrotolata all'interno delle cellule del cervello.
Entrambe giocano un ruolo determinante nella progressione della malattia.

Gli scienziati avevano notato le placche circa 100 anni fa. Cio' nonostante ci siano sempre state delle controversie sul fatto che queste placche e il groviglio TAU fossero la causa della malattia.

Poi nel 2004 gli scienziati descrissero dei topi che non avevano le placche nel cervello ma mostravano segni di demenza. Altri scienziati mostrarono che topi a cui venivano iniettati oligomeri avevano perdita di memoria.
Un altro laboratorio di ricerca trasformo' gli oligomeri in placche- sono fatti della stessa materia- e quando questo trucchetto genetico venne applicato I topi mostrarono un miglioramento e la memoria miglioro'.

Allora Gandy e Il suo collega Michelle ehrlich, M.D. Professore al Mount Sinai crearono un topo geneticamente modificato cui le cellule del cervello producono solo oligomeri ma non placche.

“ Sam ha fatto l'esperimento più valido per mostrare anche agli scienziati piu' vecchi e conservatori che la sua teoria e' valida e quindi accettata, dice Dillin.

Non solo questi topi persero la memoria ma dopo la loro morte I ricercatori mostrarono che I topi con la perdita maggiore di memoria erano anche quelli con il maggior numero di oligomeri.

Gli oligomeri sembrano essere il nemico numero uno, concorda Rudolph Tanzi direttore della ricerca genetica e senile al General Hospital in Massachussetts e scienziato sull'Alzheimer e autore di “Decoding Darkness”: La ricerca per la causa genetica della malattia di Alzheimer.

LE PLACCHE SONO PERLE DEL CERVELLO?

Le placche e gli oligomeri sono originariamente formati dalla stessa proteina che si trova nel corpo. Queste proteine avariano naturalmente nel corpo nel corso di tutta la nostra vita.
Tanzi e altri sospettano che quando il corpo invecchia, troppe di queste proteine si aggrumano, gli oligomeri, creando un dannoso accumulo nel cervello. Potrebbero anche scatenare la creazione dei grovigli TAU scombinando il sistema di segnalazione del cervello.
Il cervello potrebbe provare a rimuovere gli oligomeri creando placche.
Tanzi arriva a chiamare queste placche “perle del cervello”. Dice che e' lo stesso sistema che crea la perla nell'ostrica come reazione all'intrusione di un granello di sabbia.
In pratica il cervello creerebbe placche per intrappolare I microbi che lo stanno infettando.

Ricercatori hanno trovato che persone senza demenzia hanno il cervello coperto di placche.
Potrebbe essere che il loro cervello e' stato molto capace a convertire gli offensivi granelli di sabbia in perle.

MEDICINE DA OSSERVARE

Tutto cio' potrebbe spiegare come mai nella ricera pubblicata nel British journal THE LANCET in marzo si dichiara che nonostante il nuovo farmaco BAPINEUZUMAB sia in grado di ridurre le placche nel cervello I pazienti non hanno mostrato miglioramenti.
Potrebbe anche spiegare il fallimento del farmaco, una volta promettente, Alzhemed che agiva contro la formazione di placche nel cervello.

Dillin teme che questi farmaci designati alla ditruzione delle placche potrebbero addirittura accelerare la malattia.

“ Penso che le placche siano un segno che il cervello sta provando a fare qualcosa di benefico nelle ultime fasi della malattia” Dillin dice “ Se togli queste placche, formerai oligomeri e cio' potrebbe essere anche peggio.
Nello stesso tempo troppe placche sono dannose per il cervello e interferiscono nella sua funzione.

I Ricercatori dicono che oggi ci sono nuove medicine che si stanno creando che potrebbero funzionare con la nuova teoria.

Tanzi sostiene che che questi farmaci potranno prevenire la malattia o almeno rallentarla ma non distruggeranno completamente gli oligomeri ma almeno potranno rallentarne la produzione.

Non aspettatevi di colpire gli oligomeri con un martello e avere comunque le funzioni del cervello normali. Cosi' come le statine diminuiscono il colesterolo ma non lo eliminano completamente dal corpo. Cio' che serve ora e' un farmaco che rallenti la produzione di oligomeri.

Tanzi e' il coproduttore di due compagnie, Farmacia Neurogenetica e Prana Biotecnologia che stanno sviluppando questo tipo di farmaci.

Il miglior farmaco e' ancora da farsi, e' difficile essere un paziente con un malattia cosi' ma siamo gia' oltre la prima fase di farmaci falliti.

Compara la prima fase di farmaci per l'Alzheimer come un ragazzino di 10 anni che tira la palla da meta' del campo.
Adesso abbiamo una squadra intera nel campo che gioca e corre verso la meta.

NON COSI' IN FRETTA

Comunque, Theis dell'associazione per l'Alzheimer di Chicago e' cauto circa questo nuovo approccio verso la malattia.
Dice che e' troppo presto e il risultato dei tre farmaci in prova dara' una prova determinante a sostegno di questa teoria.

Theis sostiene che vorrano almeno 10-15 anni per ottenere un farmaco che mira ai oligomeri invece che alle placche. Ancora molto lavoro deve essere fatto prima che qusta ricerca si traduca in aiuto vero verso I malati.

Comunque aggiunge che questa prima ricerca di base e' vitale ad aiutare I ricercatori a trovare la cura per la malattia.

Il fatto e' che senza l'adeguato supporto per questo tipo di ricerca di base non c'e' speranza.

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questo articolo è pubblicato su ARPP- USA Retired Persons,e gentilmente tradotto in Italiano da Claudia Azzalin .

domenica 20 aprile 2008

Alzheimer, è il momento di agire

Il dramma dei malati di Alzheimer e delle loro famiglie deve scuotere le coscienze. Gli interventi che sono necessari per aiutare chi è colpito da questa terribile malattia sono molteplici e vanno dal rispetto per la persona malata, all’informazione della famiglia, all’assistenza domiciliare qualificata, allo studio delle terapie più idonee per controllare la malattia senza annientare il malato, al supporto psicologico per il care giver e per tutto il nucleo famigliare.
Sono molte le malattie degenerative che ogni anno colpiscono giovani e anziani, ma l’aumento esponenziale dei casi di demenza, probabilmente legati all’aumento delle aspettative di vita degli anziani, impongono che la società e le istituzioni si pongano il problema. Questa malattia è devastante, l’impatto con questa malattia è devastante. Molte famiglie davanti a tutto questo dolore si sfasciano, solitamente quelle che non sono in grado di mettere da parte le difficoltà materiali per investire sull’amore incondizionato per i propri familiari.
Ho ricevuto recentemente in associazione una lettera che desidero pubblicare perchè può essere spunto di riflessione e perchè le esperienze visute sono sempre le più pregnanti:

MIO DOLCISSIMO PAPA’

Papà si è ammalato giovane, appena dopo i 70 anni. Sempre stato di intelligenza vivacissima, gli occhi attenti, vigili, l’eloquio brillante. Sembrava essere solo depressione all’inizio, invece era Alzheimer.
Mi ricordo il giorno prima della diagnosi, era nascosto nel giardino di casa, lo trovai vicino ad un siepe a piangere. Lo rassicurai, e lui mi chiese di stargli vicino il giorno seguente, perché aveva già intuito cosa gli avrebbero detto i medici. Decorso lento ci avevano detto, ma lento non è stato. In pochissimi anni papà ha smesso di guidare, poi di dipingere, infine di comunicare.
Non riusciamo quasi più a capire quello che dice, ed è la cosa più frustrante, vederlo quasi rannicchiato su se stesso, le rare parole intelleggibili, spesso solo in inglese. Riesce ancora a leggere, ma capisce? Non lo so, so solo che non sa chi sono, solo gli scendono le lacrime quando mi vede.
Questa malattia ha devastato la mia famiglia, ha aperto voragini dentro di noi, ha fatto scatenare liti a non finire. Io e mia sorella avremmo voluto che lui passasse questi anni a casa, accudito, ma mia madre non se l’è sentita, nemmeno con l’aiuto di una badante 24 ore al giorno.
Lontano da casa, perché sporca, perché da fastidio, perché è malato e deve stare fra gli ammalati. Ora è rinchiuso in una struttura protetta, un posto decoroso, dove però lui non ha più punti di riferimento, ricordi, il conforto ed il calore della casa nella quale è sempre vissuto. Vederlo così, spiegare ai miei figli ciò che sta accadendo al nonno è un dolore senza fine.
Spero di riuscire a trovare sempre la forza per accompagnarlo in questo suo straziante percorso.
Mio dolcissimo papà, ti amo tanto e mi manchi tanto Barbara
Andremo a votare in aprile e questa volta per me, per la mia associazione, per tutte le associazioni che si occupano di questo problema: sarà degna del nostro voto solo la coalizione politica o il partito che si farà carico di affrontare il problema che poniamo. Chiederemo che le nostre porposte vengano valutate, chiederemo un programma concreto e degli impegni precisi. Il nostro sforzo sarà grande ma vogliamo portare a casa il risultato.