Visualizzazione post con etichetta alzheimer. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta alzheimer. Mostra tutti i post

venerdì 23 settembre 2016

Alzheimer, le famiglie italiane chiedono aiuto alle istituzioni


In tutto il mondo oggi si parla di Alzheimer, la ricerca ha fatto progressi, ma in Italia le famiglie dei malati sono sole.



Oggi si parla di #alzheimer in tutto il mondo, lo si fa anche in Italia con molte iniziative, ma la realtà di questa terribile malattia degenerativa nel nostro Paese è drammatica, poiché il carico fisico e psichico che la cura di un malatocomporta è totalmente affidato alla buonavolontà delle famiglie.
I parenti dei malati sono abbandonati a se stessi, manca personale specializzato, manca l'assistenza domiciliare, manca unpronto intervento Alzheimer che possa far fronte alle mille prove che ogni giorno la famiglia è chiamata ad affrontare (allucinazioni, insonnia,  fuga, difficoltà ad ingerire, incontinenza, difficoltà di parola, inappetenza cronica ecc.), per non parlare  poi delle strutture che spesso sono veri e propri lager.

Una realtà drammatica

Eppure questo morbo è in forte espansione in tutto il mondo e naturalmente anche in Italia: attualmente i nostri malati sono 1 milione e 200 mila, si prevede che nei prossimi 20 anni una famiglia italiana su 4 avrà un familiare malato di Alzheimer. I costi della malattia sono enormi: un malato costa circa 22mila euro/anno per ogni famiglia e spesso i malati non vengono 

domenica 21 settembre 2014

ALZHEIMER questo sconosciuto....





Oggi 21 settembre si celebra in tutto il mondo la giornata mondiale dell'Alzheimer, in tutto il mondo tranne che in Italia, qui nessun titolo di giornale ricordo la terribile malattia.
E pensare che l'Alzheimer si combatte con l'informazione e la prevenzione, conoscere per sapere e per capire anche come approcciarsi ai malati, di solito persone anziane, di solito i nostri genitori o quelli dei nostri amici, persone che ci hanno cresciuto e aiutato per tutta la vita e che a un certo punto non si ricordano più di noi.
Loro forse non ci riconoscono più, ma noi sappiamo chi sono e lo sappiamo bene, quindi l' ipocrisia di dire.... tanto con capisce niente.... tanto non sa chi sono...... mettiamolo al ricovero non se ne accorgerà nemmeno,,,, e facezie di questo tipo, non sono accettabili.
Le persone malate hanno diritto ad essere curate al meglio, accudite al meglio e rispettate, soprattutto rispettate, sono persone e non entità astratte, non ricordano il presente, ma il passato è un bagaglio che conservano intatto.
Mi spiace che il nostro Paese si qualifichi sempre per la sua assenza e che questo ovviamente comporti una assenza molto grave anche nell'assistenza qualificata ai malati, nel supporto ai caregiver, le persone che quotidianamente accudiscono i malati (spesso familiari), 
L' Alzheimer deve essere sconfitto e per far questo occorre finanziare la ricerca, l'Alzheimer deve essere neutralizzato e per far questo occorre mettere in campo una grande solidarietà tra tutti gli attori, l'Alzheimer non deve annientare i nostri cari e per far questo occorre imparare a comunicare con loro in tutti i modi. 
Ora in Italia ci sono 650mila malati, nel 2050 questa cifra sarà quadruplicata, come possiamo non fare nulla? Come possiamo far finta di niente.
Vergogna Italia

Manuela Valletti

lunedì 27 settembre 2010

Dal convegno di VICENZA un nuovo approccio alla malattia di Alzheimer



Non sapevo e ho scoperto con piacere che il convegno di Vicenza  sull'Alzheimer è scaturito dal video che ho realizzato (che vedete qui sopra) e dal libro che ho scritto e che sono reperibili entrambi sul sito della mia associazione IL CICLAMINO
"Papà mi portava in bicicletta" rispecchia in pieno il pensiero di medici bravissimi, come il Dott. Rinoldi  che con questa patologia hanno a che fare da anni.
L'approccio al malato, la comprensione di quanto gli sta accadendo, la pazienza di trovare una via di comunicazione con lui senza mai offenderlo sono i cardini per riuscire a mantenere il nostro caro nella sua casa fino alla fine. Ecco ciò che occorre sapere e ricordare:
I malati di Alzheimer non sono dementi, sono persone affette da demenza... la differenza è sostanziale
I malati di Alzheimer mantengono intatti i propri sentimenti fino alla fine.. basta guardarli negli occhi per capirlo, basta accogliere il loro sorriso come un desiderio di comunicare con noi
I malati di Alzheimer hanno crisi di aggressività se si parla di loro alle loro spalle, se si dice loro: "non capisci niente..." , chi non lo farebbe? Ma se trattati  con dolcezza, tenendo conto del loro vissuto, della loro personalità e della sofferenza che essi stessi provano perchè spesso si rendono conto dei limiti che hanno, si lasceranno guidare. Basta rispettarli come persone.
I malati di Alzheimer a volte smettono di mangiare, come mai?... se offriamo loro  un piatto bianco con una pasta in bianco, non mangeranno... perchè non vedono il piatto ne il suo contenuto. Occorre dotarsi allora di piatti colorati e rallegrare la casa con tanti colori, mantenendo un ambiente caldo ed accogliente.
I malati di Alzheimer amano continuare a fare le cose che facevano un tempo anche se con un po' di aiuto... andare a prendere un gelato, fare un giro in macchina, sedersi nel parco... perchè non aiutarli a farlo?
I malati di Alzheimer hanno paura, non fate loro domande che li possano mettere in difficoltà, non date notizie che li possano agitare... fate ascoltare musica classica , fategli accarezzare un cane o un gatto   si rassereneranno. Se non ci riuscite, cambiate argomento cercate di interessarli ad altro.
I ricoveri hanno su questi malati un effetto devastante.... perdono in pochissimo tempo tutte le loro autonomie e si lasciano andare, quindi teneteli nella loro casa con una buona badante, tra le loro cose, con i volti che amano. 
Stiamo parlando di persone indifese, non permettere che subiscano cattiverie da terze persone siano esse parenti, amici, istituzioni ... difendeteli sempre, difendete la loro dignità di persona.
I malati di Alzheimer sono persone ammalate che fanno parte della nostra società, come tutti gli altri ammalati hanno diritto ad un protocollo di cura che li tuteli, che permetta ai familiari o ai badanti di rimanere accanto a loro e come tutti noi  hanno diritto alle cure migliori per conservarli in salute quanto più a lungo possibile.

Sono molti i suggerimenti che questi medici hanno elargito ai parenti dei malati, molti di questi confermano il    mio pensiero e ciò che ho scritto nel mio libro. Il caregiver è chiamato innanzi tutto ad informarsi, poi a chiedere aiuto ai parenti e infine a scegliere una buona badante. In questo lungo percorso dovrà sapere che la malattia è inguaribile ma è curabile, dovrà mettersi in gioco con coraggio forte dell'amore che lo lega alla persona malata e vedrà trasformarsi un dolore immenso in una grande forza propositiva, vivrà giorno per giorno cogliendo il meglio della persona che ha accanto e alla fine accetterà i suoi cambiamenti per amore e per rispetto della persona che era.

Sono molto lieta che il mio libro sia servito a tante persone, non posso però negare che il convegno mi ha costretto a rivivere situazioni e momenti non facili. Non importa, ora so come deve muoversi la mia Associazione,  io non mi faccio mai frenare dalle paure, andrò avanti e qualche cosa di buono potrà accadere.

lunedì 13 settembre 2010

VICENZA 24 SETTEMBRE- IMPORTANTISSIMO CONVEGNO SULL'ALZHEIMER

Sono stata invitata per la presentazione del mio libro "Papà mi portava in bicicletta"  al convegno che si terrà il 24 settembre a Vicenza e che ha per tema: "Alzheimer: ma chi l'ha detto  che non c'è nulla da fare?"
Il convegno inizierà alle 15 con l'intervento di professori e medici che stanno approfondendo e studiando la malattia e un diverso approccio ai malati.
Il mio libro incarna proprio il messaggio che dal convegno si alza alto e forte: i malati di alzheimer sono persone, provano e danno affetto a chi li circonda, conservano una memoria emotiva che è quella che ci permette di interagire con loro. Il malato di alzheimer dovrebbe vivere nella sua casa, con i volti e le cose che conosce... sono questi i soli riferimenti che lo tengono ancorato alla vita.
Diciamo che con il mio libro ho anticipato i tempi:  ciò che ora la scienza ha scoperto il mio cuore lo aveva sempre saputo.La vicinanza e  il grande affetto che avevo e ho per mio padre, che è mancato 3 anni or sono, mi hanno guidato verso una conoscenza profonda della malattia, il dialogo tra noi due non si è mai interrotto, forse ad un certo punto io ero diventata la madre e lui il figlio, ma l'affetto, quello c'è sempre stato da entrambe le parti.  L'ostacolo più grande e più doloroso per queste persone e per i loro familiari è la mancanza di comunicazione, invece non è così, il paziente non è un demente è solo  una persona che per via della malattia è costretto a comunicare diversamente con chi lo circonda, ma sente, capisce, prova affetto, tenerezza e desidera essere ricambiato. Allora se a questa persona si vuol bene non sarà difficile comunicare con lui, lo si farà con la voce del cuore e lo si proteggerà come una essere prezioso e fragile fino alla fine.
Sono lieta, ma anche orgogliosa, di aver contribuito con il mio libro ad aprire una nuova frontiera.

Ecco  il programma del convegno e la locandina 



giovedì 1 luglio 2010

I malati di Alzheimer mantengono il ricordo emotivo

Un nuovo studio di ricercatori dell’Università dello Iowa offre una serie di indicazioni interessanti sulla modalità relazionale da tenere con le persone malate di Alzheimer e con problemi di memoria: anche se il paziente può dimenticare uno scherzo o un gesto di affetto, è però in grado di mantenere il ricordo dell’esperienza emotiva vissuta, e ciò può influire in maniera sensibile sull’umore generale del malato.
La ricerca si è svolta con l’osservazione di cinque pazienti affetti da un male neurologico raro che danneggia l’ippocampo, quell’area del cervello dove vengono immagazzinati i ricordi, sia quelli brevi che quelli a lungo termine.
I pazienti sono stati sottoposti all’esperimento con una tecnica di induzione delle emozioni, in pratica sottoposti alla visione di spezzoni di film con scene altamente emotive di tristezza e di gioia.
I ricercatori hanno così osservato, al follow-up che sebbene i pazienti non avessero mantenuto il ricordo delle scene, tuttavia erano ancora influenzati dai sentimenti che queste suscitavano, di allegria o di dolore.
Secondo gli autori dello studio, l’ippocampo è una regione danneggiata anche nei pazienti con il morbo di Alzheimer, e per questa ragione ciò che da loro osservato nei pazienti affetti da danno neurologico a quell’area del cervello accade presumibilmente anche nel caso dell’Alzheimer.
Ciò offre dunque un’indicazione su quanto in realtà il malato che apparentemente sembra dimenticare immediatamente la visita di un parente, una telefonata, un atto gentile e di riguardo nei suoi confronti in realtà sia in grado di mantenere a lungo l’emozione vissuta.
Un motivo in più, oltre a quello etico, concludono gli autori della ricerca, per trattare i malati di Alzheimer con il dovuto rispetto e dignità.

da:http://www.stetoscopio.net/neurologia/i-malati-di-alzheimer-mantengono-il-ricordo-emotivo/

NOTA PERSONALE
A volte la scienza fa scoperte che il tuo cuore aveva già fatto.
Sono emozionata per questa conferma e ringrazio la mia cara amica Enrica per avermi segnalato l'articolo.
E ora la battaglia contro il muro di indifferenza e di ignoranza che circonda questi malati continua e avrà questo slogan: "Ma chi lo dice che non si possa fare nulla ?"
Appuntamento a Vicenza il 24 settembre 2010 Giornata Mondiale dell'Alzheimer con il Prof. Trabucchi in una giornata di studio che sfocerà con la presentazione del mio libro "Papà mi portava in bicicletta" ritenuto indicativo di un nuovo approccio alla malattia.

domenica 2 maggio 2010

Alhzeimer: nuove terapie invece dei soliti farmaci dannosi

Sono lieta di riportare una notizia che apre il cuore alla speranza per chi è malato di Alzheimer e per i suoi famigliari, ricordo che ho provato di persona la positività della vicinanza dei cani con il mio papà che aveva proprio questa malattia, di loro racconto  ampiamente nel mio libro "Papà mi portava in bicicletta", chi volesse acquistarlo trova il link qui a lato.


Animali e musica contro l'Alhzeimer



Riducono disagi psichici della malattia
Le terapie non farmacologiche possono essere un valido aiuto per i malati di Alzheimer. La pet therapy, ovvero il compito di prendersi cura di un animale, oppure la possibilità di interagire con una bambola, o il fatto di ascoltare la musica non possono di certo bloccare la progressione della malattia, ma hanno un influsso positivo sui disagi psichici legati al male, come aggressività, agitazione, allucinazioni e insonnia, che possono ridursi anche del 60%.


I buoni risultati possibili con le cure non farmacologiche dell'Alzheimer sono stati presentati e discussi dagli esperti riuniti per il decimo Congresso dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria, a Gardone Riviera in provincia di Brescia.

E' noto che, quando ci si ammala di Alzheimer si perde man mano il contatto con il mondo: si dimentica il nome degli oggetti, non si riconoscono più le persone care, non si riesce più ad esprimersi e a parlare. Le terapie sono ancora scarse, ma le strategie alternative riescono a dare sollievo almeno in alcuni aspetti della malattia. ''I farmaci per la cura dell'Alzheimer possono solo rallentare la progressione dei sintomi - spiega Marco Trabucchi, presidente dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria - Si sono quindi diffusi approcci di medicina alternativa, che hanno resistito alla prove di efficacia e vanno sempre più conquistandosi uno spazio tra le cure accettate a tutti i livelli": Tra queste ci sono la doll therapy e la pet therapy, che hanno lo scopo di focalizzare su un compito l'attenzione della persona ammalata di demenza, ad esempio quello di giocare con un cane, un gatto, un criceto o una bambola, evitando in questo modo di concentrarsi sulle idee che riempiono in maniera scoordinata il cervello, e che producono ansia, agitazione e uno stato permanente di disagio.

Una ricerca dell'università di Tolosa in corso di pubblicazione ha dimostrato che in questo modo si riducono del 60 per cento i disturbi comportamentali, si creano le condizioni per un miglior adattamento all'ambiente e il paziente riesce anche ad alimentarsi meglio. Gli esperti ricordano che la compagnia di un piccolo animale o di una bambola deve essere comunque mediata da un operatore, che indirizzi e aiuti il paziente: in questo modo si ottiene un ambiente più sereno, in grado di favorire i momenti di riposo e un'alimentazione più tranquilla. "Non sappiamo perché ciò accada - ha precisato Trabucchi - forse c'è una regressione all'età infantile, si attivano ricordi cancellati solo apparentemente dalla malattia, si riescono a sfruttare le capacità affettive residue". Purtroppo l'effetto di pet e doll therapy non dura più di un giorno, precisa l'esperto, ed il giorno successivo bisogna ricominciare da capo.

La terapia con la musica è invece più articolata. Secondo uno studio in via di pubblicazione su Aging and Mental Ealth, condotto dal gruppo di ricerca Geriatrica di Brescia coordinato sempre dal prof. Trabucchi, la musica funziona come una sorta di chiave per accedere alle emozioni dei malati: riduce l'ansia, la depressione l'aggressività e persino le allucinazioni dei malati, con effetti migliori anche dei farmaci e soprattutto senza effetti collaterali. Nel nostro Paese i malati di Alzheimer sono ormai 600.000, in crescita al ritmo di 150.000 nuovi casi ogni anno.

martedì 27 aprile 2010

"Papà mi portava in bicicletta" al Salone Internazionale del Libro di Torino

La bella notizie è arrivata ieri dal mio editore, che cosa possono dire... ne sono lieta. Amo molto questo mio libro, all'apparenza è un diario sofferto di quattro anni trascorsi accanto al mio papà ammalato di Alzheimer... in realtà è la memoria di eventi che hanno cambiamo la mia vita e che sono li, scritti nero su bianco a testimoniare il mio cambiamento. 
La narrazione è lieve e intensa nello stesso tempo, il grande amore che avevo e che ho per mio padre, morto il 23 luglio del 2007, traspare da ogni pagina del libro e mette in evidenza il rapporto speciale che io e lui abbiamo sempre avuto e che ha origini certamente da una affinità di carattere ma anche dal modo in cui "ci siamo conosciuti".. lui mi ha sempre detto di aver  lottato disperatamente per la sua salvezza nel Campo di Sterminio di Mauthausen perchè voleva conoscere il figlio che sapeva di aspettare, quella bimba ero io e mi vide per la prima volta quando avevo 10 mesi.
Pur essendo nato nel 2008, il libro è stato presentato solo ieri per la prima volta in pubblico a Forlì. Il dolore per ciò che è accaduto era ancora troppo vivo e io non riuscivo a parlarne, parlava il libro per me, ma non era la stessa cosa.
Nonostante questa mia reticenza il libro sta facendo un suo percorso di successo, è stato l'ispirazione di un "corto" e proprio in questi giorni sto ricevendo inviti da molti enti, che dopo averlo letto, desiderano che io ne parli.
La più grande intima soddisfazione che ho ricevuto dopo l'evento di Forlì  è stata una frase che mi ha rivolto una persona che ha assistito alla presentazione ed è stata questa: "La ringrazio perchè lei mi ha insegnato a non avere paura della malattia".. E' bellissimo.
Ora il Salone del Libro di Torino.... 



Chi volesse acquistare il libro, lo trova sulla banda laterale.

lunedì 26 aprile 2010

La bellissima esperienza di Forlì

Sono di ritorno da un weekend a Forlì dove ho presentato il mio libro "Papà mi portava in bicicletta". E' stata una bellissima esperienza! Premetto che questo libro è stato presentato ufficialmente in pubblico per la prima volta proprio in questa occasione, lo scorso anno il dolore per la mia vicenda personale era ancora troppo vivo  e non mi era possibile parlarne, ora le cose vanno meglio e finalmente ho potuto farlo.  La presentazione era stata preparata nei minimi dettagli, era accompagnata anche da slides che mostravano stralci della mia vita e le presenze erano  molto qualificata. L'evento è stato organizzato dall'Associazione Culturale Poliedrica e realizzato concretamente da Guido Passini e Silvia Navoni, era presenta il Comune di Forlì con l'Assessore Drei (Servizi Sociali), l'Assessore al Decentramento e il Presidente della Circoscrizione 2. I rappresentanti dell'Associazione " Rete Magica" (che supporta i malati di Alzheimer e le loro famiglie) ha introdotto l'argomento e ha raccontato come viene affrontata questa terribile malattia a Forli, credo che dovrebbe essere presa a modello in molte altre parti d'Italia. Io cercherò di farlo con la mia Associazione "Il Ciclamino". 
Ho presentato il libro e ho risposto ad una serie di domande intense sulla mia esperienza personale accanto al mio papà e  sulla necessità di mantenere i malati nel loro ambiente familiare quando possibile, sono emersi quadri di vita che hanno molto commosso i presenti che hanno a lungo applaudito e che alla fine si sono  complimentati.
Ho saputo proprio ora che il libro verrà inviato al Salone Internazionale del Libro di Torino, ne sono lieta.
L'unica considerazione che posso fare e questa: quando si scrive con il cuore e si ha il coraggio di mettere a nudo le proprie emozioni si trova sempre dall'altra parte persone dotate di grande umanità che apprezzano e alla fine si riesce anche a dare un contributo positivo a tanta sofferenza.

domenica 28 febbraio 2010

"Papà mi portava in bicicletta": una recensione lusinghiera e una sceneggiatura per un corto

Il mio libro "Papà mi portava in bicicletta" sta ottenendo un lusinghiero successo nonostante l'argomento che tratta sia ostico e delicato.
Ho ricevuto una recensione molto lusinghiera  che prelude la presentazione del  libro a diverse associazioni di Forlì e allo stesso tempo, il mio lavoro è servito a fornire lo spunto per la sceneggiatura di un cortometraggio sul morbo di Alzheimer.
Ringrazio Guido Passini per aver saputo cogliere il significato umano del libro ed averlo valorizzato.


Papà mi portava in bicicletta - di Manuela Valletti Ghezzi
Recensione di Guido Passini - Associazione culturale Poliedrica

Più volte ho iniziato le mie riflessioni dicendo che la conoscenza fa crescere l’uomo. La conoscenza attribuita al mondo odierno, a quello che ci circonda ogni giorno con tutte le sensazioni, le emozioni che ne competono. Ho il vizio di cercare e leggere dei libri che riportino spaccati di vita attuali, o comunque molto recenti. Leggo ciò che spesso ha a che fare con un dolore, forse per una certa predisposizione dovuta alla mia patologia, o forse solo perché oggi più che mai credo che temi sociali siano da portare alla luce tentando di invogliare non solo gli addetti, o i diretti interessati a libri che sono in grado di fare crescere l’uomo, crescere dentro. Aprire gli occhi e non nascondersi di fronte ad una malattia, come a una sindrome, come a un disagio. Mi rendo sempre più conto che le persone spesso sono indifferenti davanti a queste quotidianità, a volte sembra quasi ci sia il timore di essere a contatto con una persona “malata” solo per il semplice fatto che non si conosce la “malattia”.
In aiuto a questa situazione d’indifferenza giungono autori come Manuela Valletti Ghezzi, che ha messo a disposizione dei lettori un libro che parla di Alzheimer: Papà mi portava in bicicletta.
Leggere l’amore di una figlia per un padre affetto da questa sindrome, nel modo in cui ho avuto l’occasione di fare con questo libro sono certo abbia arricchito la mia persona. Per indole personale, prima di affrontare la lettura ho voluto approfondire un minimo la tematica Alzheimer. Un processo degenerativo che colpisce le cellule del cervello di cinquecentomila persone in Italia. Una malattia che è stata scoperta nel 1907 e a oggi ancora non si è giunti ancora da una cura definitiva. Cito brevemente un documento presente nel sito Alzheimer Italia che la definisce malattia delle quattro A: amnesia, afasia, agnosia e aprassia che corrispondono rispettivamente a una perdita significativa di memoria, l’incapacità di formulare e comprendere dialoghi orali, l’incapacità di identificare correttamente gli stimoli, riconoscere persone, cose e luoghi, l’incapacità di compiere correttamente alcuni movimenti volontari, per esempio vestirsi.
Mi sono forse dilungato in spiegazioni, ma che ritengo importanti per entrare in sintonia da subito con lo stato d’animo dell’autrice.
“Papà mi portava in bicicletta”  è un libro estrapolato dagli articoli del blog di Manuela, aperto proprio al momento della scoperta di questo “evento” che ha in un qualche modo condizionato questi quattro anni narrati nelle pagine e continui a farlo tuttora nonostante tutto.
La struttura di questo libro ha la forma del diario, e la narrazione è lucida, delicata, sensibile ma soprattutto drasticamente vera. Immagino non sia stato facile per l’autrice riversare tutte le sue sensazioni ma al tempo stesso liberatorio. Un continuo svuotare l’anima e per forza di cose riempirlo nuovamente per poi ripetere il circolo instaurato.
L’impatto del libro è sicuramente positivo ed emotivamente forte, perché l’autrice non si sofferma solo ed esclusivamente sulla malattia, ma anche su altri eventi che hanno stimolato nel bene o nel male questo percorso chiamato vita. Più volte gli occhi si sono riempiti di lacrime leggendo queste pagine, commosso a tal punto da trovarmi alla fine affezionato al protagonista del libro. Mi rendo conto di questa mia stranezza, ma siamo di fronte ad un uomo che di certo ha lottato nella sua vita, un uomo che ha visto i lager nazisti, un uomo che ha visto crescere la sua famiglia nel migliore dei modi, un uomo che ha sempre cercato di mantenere una dignità di sé al massimo livello, senza mai lamentarsi, nonostante le piaghe da decubito, nonostante i dolori, nonostante il vedersi ogni giorno “in calo”.
La presenza di un uomo del genere nell’ambito familiare ha uno sviluppo importante, soprattutto per quel che riguarda il raffrontarsi con la vita, il volerla afferrare e il cercare continuamente la lucidità per essere uomo. Uomo ammirevole.
L’autrice essendone la figlia, non poteva mancare dal riuscire a rappresentare questo nei suoi scritti. L’amore per il padre, il rispetto è in ogni riga, in ogni capitolo, anche dove apparentemente non si parli di lui.
Mi colpisce molto la caparbietà di Manuela nel non nascondere nulla al lettore, né i riscontri sul padre, né le visioni politiche, non poteva quindi trasparire la forza di volontà che lo avvolge.
Un libro che può rappresentare un aiuto per ognuno di noi, ma soprattutto chi è a contatto con questa malattia, perché dalle esperienze altrui possiamo solo imparare. Non vorrei dilungarmi troppo in questa recensione a “Papà mi portava in bicicletta” perché andrei a svelare seguiti ed eventi che meritano di essere letti pagina per pagina, con una mano sul cuore, pensando: io nelle sue condizioni cosa avrei fatto?
Domanda che non troverà risposta, proprio come nemmeno io ho trovato.
Un papà che si perdeva nel tempo, dice l’autrice, mi permetto di aggiungere che il tempo, è uno spazio indefinito, e mai come ora è Ferdinando a scandirlo.
Motivo in più per l’acquisto di questo libro che aiuta IL CICLAMINO, un’associazione no profit, che si adopera per recuperare personale idoneo per l’assistenza ai soggetti deboli parzialmente o del tutto non autosufficienti. L’Associazione IL CICLAMINO è stata costituita in memoria di Ferdinando Valletti  e opera in Milano e provincia.
E’ bello vedere come quello che apparentemente sembra essere un semplice libro, si trasforma inesorabilmente in un grande dono. Questo l’augurio che mi sento di fare a Manuela: che per ogni emozione che questo libro ha saputo dare e saprà dare, corrisponda a una speranza in più, reale, per chi vive questo “tempo”.


©Guido Passini – 28/02/2010

lunedì 21 settembre 2009

OGGI E' LA GIORNATA MONDIALE DELL'ALZHEIMER

Vorrei richiamare l'attenzione del Governo sulle necessità di assistenza domiciliare, di tutela, di cure dei malati di alzheimer e delle loro famiglie e contemporaneamente vorrei denunciare l'assoluta indifferenza delle istituzioni a questo problema.
Molti anni or sono ricordo di aver contribuito a reperire una sede per la Federazione Alzheimer di Milano, non avrei certo immaginato che questa malattia terribile avrebbe poi devastato mio padre e la mia famiglia.
Questo dovrebbe essere di monito a tutti: non restate indifferenti, non si conoscono le cause di questo morbo e non esistono cure efficaci, un giorno potreste aver bisogno di aiuto, date una mano alle assocciazioni che suppliscono le carenze del pubblico:
Vi segnalo Il Ciclamino la mia piccola associazione che però fornisce aiuti preziosi, la potete aiutare semplicemente acquistando il mio libro "Papà mi portava in bicicletta"

Grazie a tutti coloro che vorranno raccogliere l'appello!

mercoledì 4 febbraio 2009

A proposito dell'amore e della qualità della vita

Nel precedete post ho accennato alla mia vicenda personale, ora mi giunge questa testimonianza che voglio condividere con voi:

"Era una mattinata movimentata, quando un anziano gentiluomo di un'ottantina di anni arrivó per farsi rimuovere dei punti da una ferita al pollice.
Disse che aveva molta fretta perché aveva un appuntamento alle 9:00.
Rilevai la pressione e lo feci sedere, sapendo che sarebbe passata oltre un'ora prima che qualcuno potesse vederlo.
Lo vedevo guardare continuamente il suo orologio e decisi, dal momento che non avevo impegni con altri pazienti, che mi sarei occupato io della ferita.
Ad un primo esame, la ferita sembrava guarita: andai a prendere gli strumenti necessari per rimuovere la sutura e rimedicargli la ferita.
Mentre mi prendevo cura di lui, gli chiesi se per caso avesse un altro appuntamento medico dato che aveva tanta fretta.
L'anziano signore mi rispose che doveva andare a casa per far colazione con sua moglie.
Mi informai della sua salute e lui mi raccontó che era affetta da tempo dall'Alzheimer.
Gli chiesi se per caso la moglie si preoccupasse nel caso facesse un po' tardi.
Lui mi rispose che lei non lo riconosceva giá da 5 anni.
Ne fui sorpreso, e gli chiesi. 'E si preoccupa di fare colazione con lei anche se sua moglie non la riconosce"?
L'uomo sorrise e mi batté la mano sulla spalla dicendo: ''Lei non sa chi sono, ma io so ancora perfettamente chi é lei"
Dovetti trattenere le lacrime...Avevo la pelle d'oca e pensai:
"Questo é il genere di amore che voglio nella mia vita".
Il vero amore non é né fisico né romantico. Il vero amore é l'accettazione di tutto ció che é, é stato, sará e non sará.
Le persone piú felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ció che hanno.
La vita non é una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia."

Credo che questo racconto sia bellissimo e illuminante .

martedì 9 settembre 2008

L’iniezione «miracolosa» che cura l’Alzheimer

Una clinica privata di Los Angeles propone una terapia con un farmaco per l’artrite

Edward Tobinick, il medico californiano che sta sperimentando la nuova terapia «miracolosa» per l'Alzheimer
Un visionario, un affarista o uno che ha intuito qualcosa di fondamentale sull’Alzheimer? Il mondo scientifico è perplesso, ma — inutile negarlo — affascinato dal lavoro di Edward Tobinick, signor nessuno fino ad ieri, oggi al centro dell’attenzione per i risultati, sensazionali e rapidissimi, che sta ottenendo con un farmaco dalle proprietà antinfiammatorie destinato alla cura dell’artrite reumatoide e della psoriasi, l’etanercept.

IL SOLITO «MIRACOLO»? - La solita storia miracolistica, fra le tante degli ultimi vent’anni? Forse sì a giudicare dal business (la terapia, settimanale, viene offerta dall’istituto californiano diretto da Tobinick ad un prezzo che oscilla fra i 10.000 e i 40.000 dollari all’anno), ma con qualche variante sul copione. Significativa. Il dottor Tobinick, a differenza di altri «rivoluzionari» della medicina, ha scrupolosamente pubblicato i suoi risultati. Dal caso, uscito su Journal of neuroinflammation in gennaio, di un signore inglese di ottant’anni con gravi problemi di memoria che due ore dopo l’iniezione del farmaco ricordava improvvisamente tutto come un tempo (riconoscendo dopo molti anni perfino la moglie!) fino ai quindici malati curati per sei mesi nei quali il miracolo si è ripetuto e consolidato: recupero della memoria e della fluenza dell’eloquio (su BMC Neurology in luglio).

VIA DI SOMMINISTRAZIONE - Seconda variante rispetto al solito copione è la via di somministrazione del farmaco, del tutto originale. Come spiega Antonio Federico, direttore del dipartimento di scienze neurologiche dell’università di Siena, che segue questa storia con interesse: «L’autore la definisce perispinale: si tratta di un’iniezione nel plesso venoso cervicale, che ha stretti rapporti con le arterie vertebrali che percorrono il collo fino a congiungersi nel tronco basilare che irrora la parte posteriore del cervello. Lo scopo è quello di far arrivare il farmaco nel liquido che bagna l’encefalo (liquor) e da lì ai tessuti cerebrali profondi, soprattutto all’ippocampo, area che sembra giocare un ruolo importante nell’Alzheimer. Il paziente viene posto con il capo inclinato di 30° rispetto al pavimento per sfruttare l’assenza di valvole di queste vene che facilita la penetrazione della sostanza nell’encefalo». Terza variante, anche questa non irrilevante: l’etanercept è un inibitore del fattore di necrosi tumorale alfa, una citochina che tenderebbe ad inceppare il normale ricambio delle connessioni fra i neuroni. L’Alzheimer sarebbe trattata come malattia infiammatoria insomma, secondo un’ipotesi già sostenuta da altri. E le placche di beta-amiloide, la sostanza ritenuta responsabile del processo degenerativo? Uno specchietto per le allodole, fenomeno vistoso quanto innocuo. In effetti già nel 2001 una ricerca dell’università di Cambridge documentò su Lancet la presenza di queste placche in un terzo di cento persone decedute in tarda età ma senza segni di demenza. La cosa più strana è che l’Amgen, la ditta che produce l’etanercept, anziché sostenere il lavoro di Tobinick (il mercato potenziale è di 30 milioni di pazienti nel mondo), ne ha preso le distanze sottolineando che mancano studi di confronto con malati di Alzheimer curati con un farmaco inerte (placebo). E per ora non sembra che abbia intenzione di finanziarli. «Paura di un salto nel buio — afferma Federico — o troppi interessi in gioco su un buon numero di neofarmaci che hanno come bersaglio la beta-amiloide?»

Franca Porciani

lunedì 5 maggio 2008

Il mio libro alla Fiera Internazionale di Torino

Da qualche giorno ho saputo che il mio libro "Papà mi portava in bicicletta" è stato scelto dal mio editore per essere presentato alla Fiera Internazionale del Libro di Torino. Naturalmente ne ho avuto una grande soddisfazione ma anche tanto altro lavoro da svolgere: intervista, rifacimento della copertina di quarta e le registrazione di un video-monologo che verrà proiettato alla Fiera nello stand di Boopen per far conoscere l'autrice del libro ai visitatori. La Fiera dura 4 giorni e io al massino potrò esserci un solo giorno perchè domenica ho un evento importante in famiglia, quindi il video sarà molto utile.
Vi indico i link dove, avendone desiderio, potrete approfondire l'argomento:
Profilo Autore
Editoriale-Intervista autore
Video su YouTube

Dimenticavo di dirvi che accanto alla mia comprensibile soddisfazione personale, c'è l'auspicio che il libro diventi un buon successo editoriale perchè parte del ricavato della sua vendita sarà devoluto ad una associazione che si occupa di aiutare i malati di Alzheimer e le loro famiglie.

domenica 20 aprile 2008

Papà mi portava in bicicletta, il mio libro

E’ stato pubblicato in questi giorni il mio secondo libro. Per ora lo trovate in vendita solo on line, ma tra breve verrà presentato nelle librerie.

“Papà mi portava in bicicletta” è la storia dei quattro anni che hanno cambiato la mia vita. Una storia piena di emozioni, di dolore ma anche di infinita tenerezza per un papà amatissimo che si era smarrito nel tempo. Potete acquistare questo libro on line cliccando qui . Parte dei proventi della vendita saranno devoluti alla Federazione Italiana Alzheimer.

Alzheimer, è il momento di agire

Il dramma dei malati di Alzheimer e delle loro famiglie deve scuotere le coscienze. Gli interventi che sono necessari per aiutare chi è colpito da questa terribile malattia sono molteplici e vanno dal rispetto per la persona malata, all’informazione della famiglia, all’assistenza domiciliare qualificata, allo studio delle terapie più idonee per controllare la malattia senza annientare il malato, al supporto psicologico per il care giver e per tutto il nucleo famigliare.
Sono molte le malattie degenerative che ogni anno colpiscono giovani e anziani, ma l’aumento esponenziale dei casi di demenza, probabilmente legati all’aumento delle aspettative di vita degli anziani, impongono che la società e le istituzioni si pongano il problema. Questa malattia è devastante, l’impatto con questa malattia è devastante. Molte famiglie davanti a tutto questo dolore si sfasciano, solitamente quelle che non sono in grado di mettere da parte le difficoltà materiali per investire sull’amore incondizionato per i propri familiari.
Ho ricevuto recentemente in associazione una lettera che desidero pubblicare perchè può essere spunto di riflessione e perchè le esperienze visute sono sempre le più pregnanti:

MIO DOLCISSIMO PAPA’

Papà si è ammalato giovane, appena dopo i 70 anni. Sempre stato di intelligenza vivacissima, gli occhi attenti, vigili, l’eloquio brillante. Sembrava essere solo depressione all’inizio, invece era Alzheimer.
Mi ricordo il giorno prima della diagnosi, era nascosto nel giardino di casa, lo trovai vicino ad un siepe a piangere. Lo rassicurai, e lui mi chiese di stargli vicino il giorno seguente, perché aveva già intuito cosa gli avrebbero detto i medici. Decorso lento ci avevano detto, ma lento non è stato. In pochissimi anni papà ha smesso di guidare, poi di dipingere, infine di comunicare.
Non riusciamo quasi più a capire quello che dice, ed è la cosa più frustrante, vederlo quasi rannicchiato su se stesso, le rare parole intelleggibili, spesso solo in inglese. Riesce ancora a leggere, ma capisce? Non lo so, so solo che non sa chi sono, solo gli scendono le lacrime quando mi vede.
Questa malattia ha devastato la mia famiglia, ha aperto voragini dentro di noi, ha fatto scatenare liti a non finire. Io e mia sorella avremmo voluto che lui passasse questi anni a casa, accudito, ma mia madre non se l’è sentita, nemmeno con l’aiuto di una badante 24 ore al giorno.
Lontano da casa, perché sporca, perché da fastidio, perché è malato e deve stare fra gli ammalati. Ora è rinchiuso in una struttura protetta, un posto decoroso, dove però lui non ha più punti di riferimento, ricordi, il conforto ed il calore della casa nella quale è sempre vissuto. Vederlo così, spiegare ai miei figli ciò che sta accadendo al nonno è un dolore senza fine.
Spero di riuscire a trovare sempre la forza per accompagnarlo in questo suo straziante percorso.
Mio dolcissimo papà, ti amo tanto e mi manchi tanto Barbara
Andremo a votare in aprile e questa volta per me, per la mia associazione, per tutte le associazioni che si occupano di questo problema: sarà degna del nostro voto solo la coalizione politica o il partito che si farà carico di affrontare il problema che poniamo. Chiederemo che le nostre porposte vengano valutate, chiederemo un programma concreto e degli impegni precisi. Il nostro sforzo sarà grande ma vogliamo portare a casa il risultato.