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mercoledì 12 ottobre 2016

Bambino disabile vittima di bullismo in una scuola di Rovigo


Da due anni il figlio veniva picchiato e la mamma accusa la scuola: non lo ha protetto.



Dopo due anni di botte, la  sua mamma non ha più voluto tacere e ha denunciato la scuola frequentata dal figlio Lorenzo: poco prima Cinzia aveva pubblicato su Facebook le foto delle ecchimosi sul corpo del piccolo, un bimbo condisabilità motoria, che frequenta la quarta elementare a Rovigo nella Scuola Giovanni Pascoli. 
Episodi di violenza sul bambino si sono susseguiti nel tempo. A fine settembre è accaduto ciò che ha fatto decidere la sua mamma a sporgere denuncia: Lorenzo ritarda l'uscita dalla scuola, Cinza lo trova in infermeria pieno di ecchimosi con accanto il bidello che cercava di medicarlo al meglio. Un bullo lo ha spinto a terra e lui, naturalmente, a terra ci è finito: portato al pronto soccorso, la prognosi per lui è di dieci giorni.
La mamma racconta che un giorno ho ricevuto una chiamata dalla scuola che annunciava un "mal di pancia" di Lorenzo, ha invece scoperto che il piccolo aveva i testicoli tumefatti. In un'altra occasione Lorenzo presentava unaecchimosi in testa e un orecchio tagliato, ma anche in quel caso nessuno ha fornito spiegazioni plausibili. Il bimbo ha difficoltà a ricordare e a raccontare per cui da lui non si è potuto sapere nulla.

Le responsabilità della scuola

Le accusa di Cinzia sono pesanti e sono tutte nei confronti della  scuola che non ha mai protetto il bambino dalla violenza di cui era oggetto. Il bimbo è un considerato un peso per la scuola ed è messo da parte. La mamma dice di aver allertato spesse volte insegnanti e dirigente scolastico, ma le aggressioni sono continuate..... CONTINUA A LEGGERE

sabato 8 giugno 2013

Quegli insegnanti violenti tradiscono noi genitori



Lettera di Biancamaria, mamma di una ragazza autistica

La realtà di una vita, invece, esposta ad accogliere scherno anziché dolcezza e amore.Sono entrate anche a casa mia le immagini del telegiornale sulla scuola di Vicenza, dove alcune insegnanti, tradendo la loro missione di educatrici, maltrattavano un ragazzo «speciale», con gesti inaccettabili.Non conosco il suo nome, né la sua storia, ma io oggi mi sono sentita anche un po' sua madre. 
Certo è difficile confrontarsi quotidianamente con l'autismo, ne sono consapevole, proprio per questo non si può tacere!Il muro delle emozioni che circonda questi ragazzi, deve essere abbattuto ogni giorno mattone dopo mattone, con la sola forza straordinaria che viene generata dall'amore. Distruggiamo ogni giorno i gradini dell'indifferenza con la caparbietà di genitori indomiti, prefissando traguardi da raggiungere che per altri figli neanche si porrebbero.Sono stata male pensando a lui, e ai suoi genitori che avevano affidato il proprio figlio alla massima Istituzione Educativa: la Scuola! Luogo sacro per l'apprendimento e la comprensione, «appendice» di famiglia e quindi di quotidianità. Io, mamma fortunata, ho cercato la mano di mia figlia e l'ho abbracciata dicendole che ci sarò e che vigilerò per lei, come ho fatto fin'ora, e allora, anche queste mie parole scritte, vogliono significare cura e attenzione verso chi ha maggiore bisogno.A voi Insegnanti di quel ragazzo mi rivolgo; non nascondete la vostra incapacità ad amare e a donare con le solite frasi di convenienza, «assenza di motivazioni, periodo di crisi, momento di sconforto...».Siete dei traditori, avete tradito il vostro mandato educativo e formativo, e la fiducia di un ragazzo che a voi era stato affidato. Noi siamo abituati ad «entrare nelle scarpe» dei nostri ragazzi, e sappiamo quanto bene si può fare loro con una carezza o con un bacio, a voi spero sia concesso il tempo di riflettere su questo.

mercoledì 2 luglio 2008

Torna il grembiule a scuola

E adesso come al solito non ci si metterà d'accordo su niente, perché noi italiani siamo così, come un vecchio spot con la Ferilli al cellulare «quanto ce piace chiacchierare...». Piuttosto che risolvere un problema, un'equazione algebrica fratta, un cateto uguale all'ipotenusa moltiplicata per il seno, siamo disposti a tutto, basta non rinunciare al gratuito sperpero delle ore passate a chiacchierare.

Giusto nel giorno del suo compleanno il ministro all'Istruzione Gelmini Mariastella, cognome e nome come pretende l'appello, ha risposto, interrogata: «Gli scolari di nuovo con il grembiule? E perché no...». L'idea in verità non è sua, ma di Gabriella Giammanco, che ha trentun'anni, ma ancora l'aria della vicina di banco, quella brava e studiosa che non ti passa mai un compito e che non ti fila neanche di striscio. È una delle parlamentari più giovani, è in commissione Cultura della Camera a Montecitorio, e per lei il ministro, che ha solo quattro anni di più, ha solo belle parole: «Il grembiule è un fatto di ordine ma anche di uguaglianza sociale tra ragazzi, soprattutto ora che va tanto di moda l'abbigliamento firmato già in giovanissima età. Dare pari condizioni di partenza può essere una proposta interessante ed è curioso che venga proprio da una delle deputate più giovani».
E così è ripartito il dibattito. Con i soliti argomenti. A patto, ovvio, che non si risolva il problema. Grembiulino sì, perché è un mezzo democratico per annullare le differenze sociali, grembiulino no perché è uno strumento per omologare i ragazzi, grembiulino sì perché combatte i virus e i segni del pennarello, grembiulino no perché non basta una divisa per rendere tutti uguali. Presidi e psicologi sono d'accordo, l'associazione genitori no. Ogni tre anni la solita solfa, ma risultati sempre rimandati a settembre. Ora, diciamolo: il grembiulino fa tenerezza, è il colletto bianco che profuma di amido, le briciole della merenda che ti restano in fondo alla tasca, è il «grembiule nero e fiocco azzurro: per un bambino milanista il primo giorno di scuola è subito un trauma» come dice Diego Abatantuono. Il grembiule a scuola è un po' il film all'oratorio la domenica pomeriggio, le bustine per fare l'aranciata, le suore nella Prinz, le cartelle in pelo di cavallino, i quaderni a quadretti con i margini al fondo e la tavola pitagorica fino al dodici. Rimetterlo, anche se per ora solo alle elementari, ha qualcosa di antico ma, chissà, forse di inutile. Perché, se è solo per annullare le differenze, c'è sempre quello che mette il grembiule come il tuo ma capisci che non è come te dalla marca delle scarpe, ammesso che il tuo non costi cinque euro e il suo non sia un modellino di tendenza color tabacco spento e verde chartreuse con finiture in tessuto e laccetti coordinabili. E se è per il «dovere morale ad un abbigliamento consono alle aule», come pretende il Regio Decreto del 1925, si sa che già dalle medie, del 2008, vanno jeans a vita bassa, tanga e micro top. E qui tornare all'antico è rischioso. Perchè sotto il grembiule potrebbe non esserci niente.