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venerdì 21 marzo 2014

Padre, se anche tu non fossi il mio

Padre, se anche tu non fossi il mio 

Padre, se anche tu non fossi il mio 
Padre se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso egualmente t'amerei.
Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno
Che la prima viola sull'opposto
Muro scopristi dalla tua finestra
E ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
Di casa uscisti e l'appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.

E di quell'altra volta mi ricordo
Che la sorella mia piccola ancora
Per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
Dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l'attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l'avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo che eri il tu di prima.

Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t'amerei.


(Camillo Sbarbaro) 

domenica 19 agosto 2012

Scelte



Ho scelto di vivere in pace anche con chi non si sente in pace con me non perché questo mi faccia sentire buona o perché abbia deciso di subire le angherie degli altri.
L’ho fatto perché la ritengo una scelta intelligente.
Ho passato anni a giudicare quello che era giusto o sbagliato.
Ho lottato con tutte le mie forze per far emergere quello che secondo me era il bene, ma ho dedicato tanta energia alla rabbia, al giudizio, allo scontro.
Con il tempo mi sono resa conto che tutto questo mi teneva bloccata, ancorata al passato, impedendomi di vivere la mia vita come la volevo.
La positività e la speranza leniscono il dolore e per essere positivi occorre essere in pace e non in guerra.
Prendere atto, senza giudicare, del comportamento degli altri, e lasciare andare le cose, è un regalo che facciamo a noi stessi per coltivare e aumentare la nostra pace interiore.
Non sempre ci si riesce, ma tutte le volte che sto per caderci penso a mio padre, alla deportazione che ha subito e al perdono che ha regalato ai suoi aguzzini e soprattutto a se stesso per continuare a vivere .... e allora prendo coraggio e vado avanti per la mia strada.


giovedì 9 ottobre 2008

Eluana Englaro, il padre si assuma le sue responsabilità

E' di ieri la notizia che la Consulta ha respinto i ricorsi di Camera e Senato contro le eccezioni sul consenso espresso dai giudici di Milano che hanno autorizzato a porre fine alla vita di Eluana Englaro, la ragazza in coma dal 1992.
E' ben triste che una vicenda umana come questa sia finita in un tribunale e poi nelle sedi istituzionali, è ben triste che un padre si rivolga ai giudici per chiedere la morte della figlia.
Come al solito dico quello che penso e non voglio fare giri di parole: il papà di Eluana, anche se tutore della figlia, non può disporre della sua vita, poichè di vita si tratta. Eluana è in coma ma respira autonomamente e tanto deve bastare per dichiararla viva. Quest'uomo probabilmente è stanco e provato, sarà certamente anche addolorato per la povera ragazza, ciò che è capitato ad Eluana ha condizionato e condiziona la sua vita da 16 anni, ma allora, se è così, il problema è suo e lo è due volte. Da un lato la morte della figlia che invoca da anni, rappresenta la sua liberazione (non sembra che Eluana sia in sofferenza, non sappiamo, nessuno lo sa, che cosa provi questa ragazza, quello che sappiamo è che non si lamenta e respira da sola) e dall'altro se proprio è intenzionato ad ucciderla, lo faccia da solo e non cerchi la protezione della legge. In Italia non esistono leggi che consentono l'eutanasia, perchè di questo si tratta. Quindi se il Signor Englaro desidera che sua figlia non venga più alimentata gli strappi il sondino gastrico, lo faccia con le sue mani e affronti le conseguenze morali e legali del suo gesto.
Forse finirà in carcere e questo sarà certo un modo per mitigare il rimorso che inevitabilmente proverà e che è giusto che provi, per aver ucciso una persona.