Apprendo ora che Eluana, la ragazza che vive in stato vegetativo da molti anni e per la quale il padre aveva chiesto ai giudici di autorizzare la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione, ha avuto una emoraggia nella notte e versa in condizioni gravissime.
Probabilmente la ragazza se ne andrà così, in poche ore, ed eviterà al padre di dover decidere la sua morte. L'epilogo naturale di questa brutta vicenda sta a dimostrare che non spetta a noi, piccoli uomini, disporre della vita e della morte di altri esseri umani.
Probabilmente al papà di Eluana verrà risparmiato il rimorso di aver posto fine alla vita della figlia, spero che di questo si renda conto nelle prossime ore.
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sabato 11 ottobre 2008
Eluana è gravissima
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sono giornalista dal 1988, ho diretto alcuni giornali, attualmente www.themilaner.it, fondato da me, ho scritto diversi libri relativi al mio vissuto, ma anche a fiabe per bimbi.
giovedì 9 ottobre 2008
Eluana Englaro, il padre si assuma le sue responsabilità
E' di ieri la notizia che la Consulta ha respinto i ricorsi di Camera e Senato contro le eccezioni sul consenso espresso dai giudici di Milano che hanno autorizzato a porre fine alla vita di Eluana Englaro, la ragazza in coma dal 1992.
E' ben triste che una vicenda umana come questa sia finita in un tribunale e poi nelle sedi istituzionali, è ben triste che un padre si rivolga ai giudici per chiedere la morte della figlia.
Come al solito dico quello che penso e non voglio fare giri di parole: il papà di Eluana, anche se tutore della figlia, non può disporre della sua vita, poichè di vita si tratta. Eluana è in coma ma respira autonomamente e tanto deve bastare per dichiararla viva. Quest'uomo probabilmente è stanco e provato, sarà certamente anche addolorato per la povera ragazza, ciò che è capitato ad Eluana ha condizionato e condiziona la sua vita da 16 anni, ma allora, se è così, il problema è suo e lo è due volte. Da un lato la morte della figlia che invoca da anni, rappresenta la sua liberazione (non sembra che Eluana sia in sofferenza, non sappiamo, nessuno lo sa, che cosa provi questa ragazza, quello che sappiamo è che non si lamenta e respira da sola) e dall'altro se proprio è intenzionato ad ucciderla, lo faccia da solo e non cerchi la protezione della legge. In Italia non esistono leggi che consentono l'eutanasia, perchè di questo si tratta. Quindi se il Signor Englaro desidera che sua figlia non venga più alimentata gli strappi il sondino gastrico, lo faccia con le sue mani e affronti le conseguenze morali e legali del suo gesto.
Forse finirà in carcere e questo sarà certo un modo per mitigare il rimorso che inevitabilmente proverà e che è giusto che provi, per aver ucciso una persona.
E' ben triste che una vicenda umana come questa sia finita in un tribunale e poi nelle sedi istituzionali, è ben triste che un padre si rivolga ai giudici per chiedere la morte della figlia.
Come al solito dico quello che penso e non voglio fare giri di parole: il papà di Eluana, anche se tutore della figlia, non può disporre della sua vita, poichè di vita si tratta. Eluana è in coma ma respira autonomamente e tanto deve bastare per dichiararla viva. Quest'uomo probabilmente è stanco e provato, sarà certamente anche addolorato per la povera ragazza, ciò che è capitato ad Eluana ha condizionato e condiziona la sua vita da 16 anni, ma allora, se è così, il problema è suo e lo è due volte. Da un lato la morte della figlia che invoca da anni, rappresenta la sua liberazione (non sembra che Eluana sia in sofferenza, non sappiamo, nessuno lo sa, che cosa provi questa ragazza, quello che sappiamo è che non si lamenta e respira da sola) e dall'altro se proprio è intenzionato ad ucciderla, lo faccia da solo e non cerchi la protezione della legge. In Italia non esistono leggi che consentono l'eutanasia, perchè di questo si tratta. Quindi se il Signor Englaro desidera che sua figlia non venga più alimentata gli strappi il sondino gastrico, lo faccia con le sue mani e affronti le conseguenze morali e legali del suo gesto.
Forse finirà in carcere e questo sarà certo un modo per mitigare il rimorso che inevitabilmente proverà e che è giusto che provi, per aver ucciso una persona.
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