Rivedo la camera grande dei miei genitori e il loro lettone, li rivedo accanto, notte dopo notte, per una intera vita. Mia madre non amava dormire, era come se volesse resistere al sonno e si metteva a letto quasi seduta. Era come se non volesse arrendersi, diceva che la notte le portava via del tempo prezioso e amava vedere gli spiragli dalle finestre per catturare la prima luce dell'alba.
Mio padre invece si distendeva nel letto per abbandonarsi ad un sonno ristoratore, la giusta ricompensa per un giorno funestato dalle ansie del vivere. Lui, inguaribile ottimista, in vecchiaia era diventato incerto e malinconico. I suoi sonni erano funestati dalle scene terribili della deportazione subita ma il suo risveglio era sempre sereno, non si lamentava mai.
Anche mia madre sognava spesso, i suoi sogni erano spesso premonitori e quasi sempre molto vissuti, la mattina ci intratteneva con il racconto meticoloso di un sogno quasi sempre surreale che finiva per lasciarla sconvolta.
Cominciavano insieme la giornata papà e mamma, li rivedo seduti attorno al tavolo del tinello con la loro tazza di tea e le brioche sul tavolo, era il loro volersi bene anche nelle piccole cose, ognuno con i propri pensieri e le proprie sensazioni ma insieme, lui molto affettuoso con lei e lei più schiva, dopo tanti anni insieme non riusciva ad essere espansiva come lui avrebbe voluto.
Poi la malattia di mio padre sconvolse tutti gli equilibri e gli affetti familiari e dopo qualche anno mia madre rimase sola, si ritrovò così in un letto troppo grande per lei, ma non smise di rifiutare il sonno, raccontava che di notte cercava mio padre allungando una gamba nell'altra metà del letto per poi ritrarla subito, sconsolata.
Ora se ne è andata anche lei e voglio pensare che abbiano ritrovato un grande letto morbido dove continuare i loro sogni senza ansie ed incubi, al di la del tempo.