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domenica 10 luglio 2016

VITTIME O CARNEFICI, MA IL COLORE DELLA PELLE NON C'ENTRA



Al funerale di Emmanuel il parroco parla di due vittime della istintività, ma ai politici ha fatto comodo strumentalizzare il fatto.



Emmanuel Chidi Nnamdi, il nigeriano ucciso a Fermo, è stato vittima della sua istintività, ecco ciò che ha detto Vinicio Albanesi, il prete che ne ha celebrato il funerale. La stessa cosa vale perAmedeo Mancini, il 39enne ultrà fermato per omicidio preterintenzionale.

Ora che le indagini hanno chiarito il meccanismo che ha portato alla morte di Emmanuel, pare che nessuno abbia più voglia di parlare di razzismo da parte del popolo italiano, come invece era accaduto subito dopo il fatto.

La reazione fuorviante delle istituzioni

Presidente della Repubblica, del Governo, presidente della Camera e persino una buona parte del Parlamento e molte Associazioni di sinistra, si erano apertamente schierati a favore del nigeriano e della sua sposa "condannando con fermezza il vergognoso atto di razzismo" che ne aveva causato la morte. Si sono celebrate fiaccolate e manifestazioni contro il razzismo perché, veniva scritto, "il seme del razzismo va stroncato alla radice".

In sostanza si è tentato di criminalizzare un popolo, quello italiano, che per incapacità dei suoi governanti, sta facendo fronte ad una immigrazione biblica incontrollata e affronta ogni giorno gravissimi disagi.

Nessuno di questi signori, sempre pronti ad emettere sentenze quando gli imputati non sono loro, ha pensato nemmeno per un attimo che in una situazione tanto grave come è quella in cui versa il nostro Paese, basta davvero poco per far divampare odio e rancore nei confronti degli immigrati, soprattutto quando gli stessi sono autori di stupri, rapine e violenze quotidiane anche contro le forze dell'ordine.

Le molte vittime italiane

Si sono tutti dimenticati degli italiani uccisi con il machete brandito dal signor Kabobo a Milano, o dei due anziani uccisi nel catanese (lui sgozzato e lei violentata e lanciata dal balcone) per cui venne inquisito un Ivoriano di Cara di Mineo? Solo per citare i casi più ecclatanti.
Tags:#razzismo #immigrazione #istituzioni

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lunedì 10 novembre 2008

L’insostenibile pretesa di sentirsi superiori

Il rosso e il nero. È dai tempi di Stendhal, anzi da molto prima, che l’Italia porta nel cuore questa malattia. Non passa. È l’istinto della guerra civile. L’altro non è mai uno che la pensa in modo diverso da te. È il nemico. È un simbolo, una divisa, una maschera. Mai un uomo. Andrea Camilleri è un signore di 83 anni. Quando fa parlare il commissario Montalbano si sente quasi un Dio. Capita. Soffi dentro a un personaggio e questo prende vita. Se va bene ti regala gloria e ricchezza. Ma non cancella la rabbia, l’odio, l’astio. Camilleri va al Mamiani, lì dove ha studiato una buona fetta di intellighentia romana, e dice: quella lì, la Gelmini, di sicuro non è un essere umano. È una di quelle frasi che nessuno dovrebbe pronunciare, soprattutto i vecchi, quelli che ricordano, che bene o male dovrebbero ancora avere una memoria. È una frase carica di disprezzo. È la forma più nichilista di razzismo. L’altro non è un diverso. È nulla. È qualcosa di indefinito, di inumano. Camilleri l’ha detto e i ragazzi hanno sorriso. Applaudito. E tutto è apparso terribilmente normale.
Camilleri non è un bastardo. Se ti trovi a parlare con lui ti appare come un burbero vecchio, arguto come un siciliano colto, incazzato e disincantato come solo certi intellettuali sanno essere. Eppure l’ha detto. Ha detto della Gelmini «non è un essere umano», magari per strappare una risata, come battuta. Ma l’ha detto, senza sensi di colpa. E questo è ancora più grave. Forse vale la pena capire perché. La prima ipotesi è che Camilleri è impazzito, ma non ci sono prove che possano sostenere questa tesi. Il discorso è un po’ più complesso e viene da lontano. Tutto questo, purtroppo, ha a che fare con il dna culturale della sinistra. Non c’è nulla da fare. Non bastano i voti. Non basta la democrazia. Berlusconi non deve e non può governare. Non può governare la destra. Non possono governare quelli lì, che non recitano Dante e non leggono il Manifesto. Questo è il punto di partenza. La conseguenza è che tutte le armi sono buone per mandarli a casa: la piazza, la delegittimazione umana, la rabbia satirica e il pistolotto intellettuale. Manca la violenza, ma non è detto che prima o poi qualcuno si lasci tentare.
Alla base di questo istinto antidemocratico c’è la vecchia, berlingueriana, diversità antropologica. Con una differenza: Berlinguer si riferiva alla questione morale. Questi, che non si possono neppure definire suoi eredi, tirano in ballo la «questione umana». La differenza antropologica dei vecchi comunisti si è consumata accettando, come una disgrazia metafisica, il governo democristiano. Stavano all’opposizione con l’orgoglio, un po’ ipocrita, di chi non si sporca le mani. La nuova «questione» non tollera invece l’opposizione. Non l’accetta. La vive come un crimine contro l’umanità. La vecchia sinistra sapeva convivere con la Dc. Questa non può convivere con Berlusconi. O lui o noi. È una questione di pelle. I sacerdoti di questa religione antiberlusconiana sono gli intellettuali. Sono i più radicali, irriducibili, schifati, ortodossi. Ora vedono nelle piazze di studenti il sogno di una rivoluzione morale. Come gli studenti, anche loro, ma per ragioni biologiche, sentono di non avere futuro. Sono vecchi e sazi per la piazza. Ma sprecano parole.

domenica 5 ottobre 2008

Cavalcare l'argomento del razzismo è una moda...

Da qualche giorno lo vediamo scritto su tutti i giornali, gli italiani sono razzisti e a testimonianza di questo si citano il caso del ragazzo di colore ucciso a Milano, i due casi di ragazzi picchiati (uno di colore e uno cinese) e poi il caso dell'insegnante che avrebbe detto al bimbo nero di ritornare nella giungla.
Tutti episodi assolutamente gravi ed esecrabili ma che da soli non sono sufficienti a tacciare di razzismo una intera nazione e a soffiare sul fuoco per fomentare ed arrivare poi ad accusare... indovinate chi? Berlusconi.
Gli episodi di pestaggio perpetrati da italiani sono gravi come gli stupri di migliaia di donne italiane ad opera di extracomunicari, neri o bianchi poco importa, e di questo oggi non si parla più, l'episodio dell'insegnate non fa testo poichè è ormai evidente dai molti episodi negativi che accadono nel mondo della scuola, che la qualifica "docente" non è sempre sinonimo di intelligenza, di umanità e tanto meno di cultura.
Quindi ridimensioniamo il caso e diciamoci con franchezza che l'immigrazione selvaggia che per molti anni ha subito questo Paese ha prodotto, e non per colpa dei cittadini, dei rigurgiti di intolleranza soprattutto tra i giovani che probabilmente, e non a torto, in una situazione di grande difficoltà economica e lavorativa si sentono minacciati nel loro futuro. Il fenomeno è però riconducibile a una minoranza dei giovani.
La ricetta per porre fine a tutto questo è semplice: una immigrazione programmata basata sul lavoro e sul rispetto delle leggi italiane e delle regole di convivenza civile.
Quando si arriverà a questo ci avvieremo verso una integrazione che nessuno si sognerò più di contestare.
Manuela Valletti Ghezzi