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mercoledì 8 giugno 2016

Analisi di una sconfitta annunciata: Matteo Renzi

Renzi dice di non essere contento del voto, ma tace sul fatto che  gli Italiani non lo amano più.




Gli italiani hanno votato per leamministrative domenica scorsa e hanno sancito la fine dell'idillio tra loro eRenzi. I democratici fedelissimi del Premier raccontano che il voto amministrativo non ha valenza politica, ma quello che appare certo è che le cose per loro stanno cambiando e molto. 

Le cause di una sconfitta

Dopo due anni di governo e tante promesse non mantenute, una tra tutte l'aver finto di abbassare le tasse da una parte per aumentarle dall'altra, Renzi sta arrivando probabilmente al capolinea. Il modo spregiudicato e arrogante di governare non gli ha giovato, quasi sempre ha imposto i provvedimenti del suo governo a colpi di maggioranza, avvalendosi senza alcuna remora del partito, non proprio immacolato, di Verdini (anche se oggi si è affrettato a definire chiusa la collaborazione), è riuscito aprovocare una scissione nel suo partito che non ha condiviso scelte politiche importanti, l'ultima in ordine di tempo, la Riforma Istituzionale che sarà sottoposta a referendum nel prossimo ottobre.
Proprio lo smantellamento della base del PD in città e regioni italiane è stata la causa principale della sua attuale debacle, i militanti hanno deciso di non seguirlo, per loro Matteo Renzi è un corpo estraneo che con la sinistra non ha nulla a che vedere.

I ballottaggi a Roma e Milano

Ora si attende il risultato di alcuni ballottaggi previsti tra 12 giorni, infatti a Milano e a Roma i candidati in corsa per la poltrona di sindaco (Sala a Milano e Giachetti a Roma) sono stati scelti personalmente da Renzi, zia.... CONTINUA A LEGGERE

martedì 31 maggio 2011

E adesso non fate gli gnorri, la sconfitta era nell'aria!!!

Milano ha un nuovo sindaco: all'Avvocato Pisapia, eletto ieri con un bel numero di voti, auguro buon lavoro di tutto cuore!
Il voto dato a Pisapia è stato per molti milanesi, anche non di sinistra, assolutamente liberatorio, un modo per prendere le distanze dal sindaco uscente che per la città aveva fatto poco e che non era per niente in sintonia con loro, un modo per stigmatizzare il comportamento di un Premier dalla dubbia moralità e dalla fissazione per la giustizia e da  un governo immobile da troppo tempo, un modo per tornare a sperare in una Milano migliore.
Non è affatto certo che il sogno di questi milanesi si realizzi e che il "nuovo vento" che soffia imperioso sia quello che serve per cambiare Milano, ma in molti hanno voluto provare il cambiamento.

Sono molte le ragioni della sconfitta del centrodestra, della Moratti e di Berlusconi ed erano tutte prevedibili, ostinarsi a non volerle vedere e proseguire sulla stessa china significherà lo sfascio del Pdl e la caduta ingloriosa di Berlusconi.
Riporto a tale proposito un ottimo editoriale di Giuliano Ferrara, come sempre non le manda a dire, e fa benissimo.
Manuela Valletti

Non c’è un minuto da perdere. Berlusconi è all’ultima spiaggia. Chi lo nega è un suo avversario nascosto o un improvvido. Ha perso. Di brutto. Ha perso lui, alla guida delle operazioni. Ha perso male, un errore dopo l’altro. Ha perso consegnando ai suoi avversari, nella sua città, le sue doti migliori: ironia, ottimismo solare e capacità di convincere. Il suo massimo problema è la credibilità, che è in fuga. La legittimazione a governare il partito e a dirigere il governo, che è diventata evanescente dopo una poderosa campagna di killeraggio politico, mediatico e giudiziario ad personam alla quale non ha saputo rispondere. E’ un voto che registra un indebolimento netto, e su scala nazionale, sul metro politico e non solo amministrativo. Decine di maggiorenti del suo sistema di potere e di consenso si affanneranno adesso a minimizzare o a burocratizzare le conseguenze del voto di Milano e di Napoli. Ma tra loro non sono pochi quelli che aspettano vantaggi personali e di gruppo da una cottura a fuoco lento, mentre la maggioranza parlamentare, dopo l’epico e demenziale scontro con Fini, è ai minimi termini, sottoposta a ogni tipo di ricatto. La Lega di Bossi e Maroni farà i suoi conti con la nuova situazione, con il consueto e comprensibile cinismo. Il Cav. può tentare di durare senza veri cambiamenti, negoziando la sopravvivenza, ma questa decisione, se sarà la sua, lo esporrà a un inesorabile logoramento, verso una qualche forma di 25 luglio.

Tuttavia oggi Berlusconi non ha alternative. Non ha alternative politiche e parlamentari, perché il voto premia gli outsider dell’antiberlusconismo e non uno schema di gioco responsabile e di governo. Le elezioni, possibili solo con una dissoluzione della maggioranza alla Camera, sarebbero d’altra parte un passaggio durissimo sia per la coalizione di maggioranza sia per il paese, e comunque si giocherebbero nella registrazione di un clamoroso fallimento del blocco che ebbe tre anni fa un plebiscito popolare nazionale. Non basta mettere pannicelli caldi sul corpo malato del Popolo della libertà e sul governo. Non basta annunciare la volontà di ripartire con un programma di fine legislatura e un macchinoso congresso. E’ parte del compito, ma c’è bisogno di nuova luce strategica. E l’unico che può proporsi di dare questo chiarimento vero è Berlusconi stesso. Perché, come sappiamo tutti, Berlusconi è il fattore unificante del partito di maggioranza e della coalizione con Bossi, almeno fino all’esito dei ballottaggi lo è stato. Gli occorre una nuova legittimazione, una nuova delega politica senza ambiguità, conquistata nell’ambito di un nuovo stile personale e del suo partito. Via le burocrazie ammorbanti. Dentro una sana prospettiva di rivoluzione democratica nella forma politica. Primarie generali, per designare presidente e coordinatori regionali del Pdl. Data certa per la verifica rigorosa del rapporto tra la classe dirigente di questo partito anomalo e il suo popolo. Regolamento semplice e inattaccabile. Una nuova leadership che rinasca dal gusto del contraddittorio, dalla capacità di risvegliare i modi e lo stile del berlusconismo nascente, una riformulazione del berlusconismo come movimento nella competizione e nell’audacia, una nuova versione del vecchio carisma oggi opacizzato, tutto ciò sarebbe un segnale inequivoco anche per il paese nel suo insieme. Il basamento su cui diverrebbe possibile la ricostruzione della credibilità del governo e del suo leader. Berlusconi avrebbe dovuto vincere a Milano facendo gli stati generali dell’economia, che aveva annunciato e promesso, e facendo politica come capo dell’esecutivo, non come propagandista. Può forse ripartire, ma non senza una rottura della continuità con gli ultimi mesi o anni. Ora, subito.

Giuliano Ferrara