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venerdì 22 luglio 2016

L'integrazione è un concetto ideologico

    Integrazione è una parola dalla definizione complessa. E’ entrata di prepotenza nel nostro lessico quotidiano per dare sostanza alla strategia sociale del fenomeno immigratorio.
    Una volta s’usava per cose diverse per lo più per definire questioni di tipo politico-istituzionale, finanziario-commerciale, scientifico-matematico ovvero sindacale-assistenziale.
    L’uso preponderante della parola che se ne fa oggi, intesa come sistema d’incorporazione di culture, di etnie e di sensibilità etico-religiose e culturali diverse, però, è il meno appropriato.
    L’integrazione, infatti, richiede il progressivo sistema di adeguamento tra due parti che si propongono di iniziare un definitivo percorso comune. L’ingrediente principale per l’integrazione, pertanto, non può che essere l’accettazione di questo processo. Altrimenti sarebbe come fare il pane senza la farina. Se non c’è la volontà da una parte e dall’altra, o dalle due parti insieme, sarebbe un processo inutile, servirebbe solo a consumare risorse ed energie. Sarebbe come pretendere che i differenti poli magnetici di due calamite si uniscano tra loro. Non succederà mai: si respingeranno sempre.
    E non succederà mai che due culture molto diverse, ciascuna portatrice di una propria civiltà, storicamente in conflitto tra loro, da una parte persino con radicati sentimenti revanscisti, decidano di mettere una pietra sopra ai conflitti passati, agli usi, ai costumi, al sistema stesso di vita sociale, per integrare la propria storia futura con quella che ne contraddice quella passata.
    Non possiamo violentare ciò che siamo solo per adempiere ad una pretesa ideologica che si predispone di compensare le diversità, quindi la natura di ciò che siamo, per costruire un futuro diverso in cui nessuno sia più quello che è, e tutti siano nella stessa maniera predisposti e fungibili a tutto.
    Non scherziamo. Ci hanno sempre detto che essere se stessi è un valore. E noi vogliamo essere autonomi, laici, liberi e democratici. Vogliamo i diritti, l’uguaglianza dei sessi, la libertà di scegliere, di vestirci come vogliamo e la libertà di credere o non credere.
    L’identità non è una cosa che ci facciamo da soli come una marionetta di legno in un laboratorio di falegnameria. L’identità è proprio ciò che siamo per natura, per legami, per origine, per tradizioni, per cultura.
    Il laboratorio del multiculturalismo è fallito perché l’integrazione non è come una massa di farina che s’impasta con acqua e lievito e cresce. Dove ci hanno provato non funziona. Le seconde, le terze, le quarte generazioni, com’è tragicamente emerso in Francia e in Belgio, come sta succedendo negli USA, ripropongono le difficoltà di convivenza e rilanciano i fenomeni violenti dell’integralismo etico-religioso delle culture di appartenenza. Succede anche quando si cresce, si studia e si lavora in un contesto del tutto diverso.
    Le stesse difficoltà nella convivenza civile si avvertono tra gli immigrati di etnie diverse. Non si integrano neanche tra loro pur avendo gli stessi problemi e incontrando le stesse difficoltà.
    Si parla, infine, erroneamente di xenofobia e di razzismo degli italiani che temono l’estendersi del fenomeno migratorio, ma non si parla del razzismo di chi è intollerante verso altre etnie e che odiano la nostra civiltà.
    Stiamo sbagliando tutto. L’integrazione è un falso concetto come quello dell’islam moderato: non esiste.
    Non può esistere.
Vito Schepisi

mercoledì 6 marzo 2013

IL PD PENSA AL PARTITO E NON AL PAESE

Probabilmente tra una decina di giorni Bersani si presenterà in Parlamento per ottenere la fiducia per un Governo minoritario, il suo. 
Mi viene da pensare con un pizzico di cattiveria che trattandosi di Bersani, il governo non poteva che essere di minoranza, ma andando oltre le battute, quello che sta per accadere è molto grave e dimostra senza dubbio alcuno che la lezione elettorale non ha insegnato nulla al PD.
Dagli italiani arriva un messaggio inequivocabile che suona così: "non ci interessano più destra e sinistra, quello che serve all'Italia è un governo stabile che riduca le tasse, rifinanzi le imprese, riduca i costi della politica, ristabilisca una nuova politica europea, dopo di che si potrebbe anche votare".
Il PDL è consapevole della delicatezza del momento ed è disponibile, il PD invece ricerca pervicacemente una alleanza con il M5S, alleanza impossibile proprio per le finalità del movimento.
Il sonno della ragione non è finito, i messaggi chiarissimi degli elettori vengono ignorati, quello che conta è il partito, prima di tutto il partito. E poi si dice che il comunismo è finito!

martedì 22 aprile 2008

Una festa nazionale che non sia di sinistra o di destra

Ci avviciniamo al 25 Aprile e immagino che le piazze saranno riempite da cortei politicizzati che già invocano, a quindici giorni dalle elezioni che hanno decretato la vittoria del centro destra, la tutela dei valori della costituzione. Non mi risulta che nessuno abbia in mente di non rispettare la costituzione, ma l'equazione centro destra al governo=pericolo fascismo non muore mai, soprattutto ora che il comunismo è stato spazzato via dal Parlamento.
Vorrei che il 25 aprile non fosse la madre di tutte le rivendicazioni della sinistra, perchè di partigiani ce ne sono stati anche di altro colore, per esempio tra i cattolici democratici. Vorrei che si mettesse fine all'idolatria del partigiano perchè abbiamo saputo da Pansa che anche tra di loro si annidavano persone di ben pochi scrupoli.
L'Italia ha la necessità di non voltarsi più indietro, ha bisogno di una festa nazionale che sia la festa degli italiani, come il 14 luglio in USA, un giorno di festa in cui tutti possano riconoscersi per la loro appartenenza ad un popolo non ad una fazione politica.
Mio padre è stato deportato a Mauthausen perchè militanti del PCI di allora lo avevano coinvolto nello sciopero del 1944 all'Alfa Romeo, a 23 anni ci si lascia coinvolgere....gli stessi militanti hanno poi fatto il suo nome alla Muti per salvarsi la pelle e lui è finito in un lager. Questo è solo un esempio che la dice lunga su quello che accadde in quegli anni e che mi tocca da vicino. Non voglio polemizzare ma a me le bandiere rosse un po' di fastidio lo danno. Io non festeggerò il 25 aprile.