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domenica 9 febbraio 2014

CHI HA SPINTO PAPA BENEDETTO A MOLLARE (E PERCHE’)


CHI HA SPINTO PAPA BENEDETTO A MOLLARE (E PERCHE’)

Chi, come e perché ha determinato quel “ritiro” di Benedetto XVI – esattamente un anno fa – che rappresenta un evento unico nella storia della Chiesa, traumatico e tuttora non chiaro nelle sue implicazioni e nelle sue conseguenze?
Spesso si è buttata la croce addosso al povero Paolo Gabriele, il cameriere di Vatileaks, ma è vero l’esatto contrario: se c’era una persona che avrebbe voluto che papa Benedetto potesse esercitare pienamente il suo mandato era proprio lui.
Del resto il mio scoop, uscito su queste colonne il 25 settembre 2011, dimostra che Ratzinger aveva già deciso quel “ritiro” ben prima dell’inizio di Vatileaks e l’aveva previsto – come scrissi – allo scoccare degli 85 anni. Esattamente quello che poi è avvenuto.
Ma allora chi, come e perché – prima di Vatileaks - ha creato una situazione che ha indotto il papa a valutare di non poter più sostenere la lotta?

UN GIGANTE

Ratzinger è uno dei giganti della Chiesa del Novecento ed è molto vasta la mappa di coloro che, nel corso dei decenni, anche su fronti contrapposti, hanno individuato il loro Nemico in quest’uomo mite e sapiente.
Anzitutto egli entra in scena come uomo del Concilio: è colui che, scrivendo il discorso del cardinale Frings, abbatterà il vecchio S. Uffizio di Ottaviani, l’inquisizione. 
Nel postconcilio diventerà il nemico di tutti coloro che pretendevano di usare il Vaticano II per spazzar via la Chiesa di sempre e costruirne una prona al mondo e alle ideologie: da Rahner ad Hans Kung, fino a Martini che – come cardinale – si è opposto frontalmente a Ratzinger e a papa Wojtyla.
Non erano destinati a procurargli amici, poi, i suoi due primi interventi, quando fu chiamato da Giovanni Paolo II alla guida della retta dottrina: quello in cui ribadì la condanna cattolica della massoneria e i testi che confutarono e condannarono la Teologia della liberazione. 
Infine sarà sempre Ratzinger a denunciare in mondovisione, durante l’ultima solenne via crucis di Giovanni Paolo II, “la sporcizia nella Chiesa”, con parole durissime e drammatiche. 
Sarà lui che realizzerà una purificazione radicale della Chiesa dalla piaga dei preti pedofili, con provvedimenti drastici e un ribaltamento totale di certa mentalità clericale.
Ancora lui infine scandalizzerà gli ecclesiastici progressisti (tanto da suscitare la ribellione aperta di diversi vescovi) quando – in linea vera con il Concilio – cercherà di riportare all’unità la Fraternità S. Pio X e restituirà libertà alla liturgia tradizionale della Chiesa.
Era stato lui con Giovanni Paolo II che aveva valorizzato i tanti nuovi movimenti fioriti nella Chiesa, specie fra i giovani, e che ha colto e denunciato la “questione antropologica” che oggi nel mondo sta bombardando i valori della vita, della famiglia e della dignità umana.
Ha fondato il dialogo della Chiesa con la modernità e la vera laicità, così da affascinare intellettuali come Habermas, Tronti, Ferrara e Barcellona.
Eppure fin dall’inizio, dalla sua elezione, c’è stata l’occulta e pesante opposizione di un establishment cardinalizio oscuro e pronto – per delegittimarlo – perfino allo spergiuro.

L’ATTACCO OCCULTO

Lo dimostra un fatto dimenticato che segnò l’inizio della guerra interna contro papa Ratzinger. Benedetto XVI era appena stato eletto, nel 2005, e dall’anonimo mondo cardinalizio (più o meno di Curia), attraverso il vaticanista Lucio Brunelli, fu fatto pubblicare un presunto diario delle votazioni del Conclave da cui emergevano dettagli delegittimanti del nuovo pontificato. 
Un vaticanista autorevole come Sandro Magister scrisse: la lettura di quel testo “suggerisce che l’‘intenzione’ di pubblicarlo sia stata molto più militante” che storico-giornalistica. E lo si sia fatto “per mostrare che la vittoria di Ratzinger non è stata per niente ‘plebiscitaria’, che è stata in forse fino all’ultimo, che è stata indebitamente favorita dal suo essere decano dei cardinali, che i tempi sono maturi per un papa ‘nuovo’, magari latinoamericano e che a questi suoi limiti Benedetto XVI dovrebbe rassegnarsi”.
Così scriveva Magister il 7 ottobre 2005. Forse si sottovalutò la gravità di quel segnale anonimo, basato peraltro su dati delle votazioni che non risultano ad altri. 
Ripensandoci oggi fa impressione che per un tale gesto pubblico di sfida, una fazione di cardinali sia stata pronta a sfidare pure Dio con un pubblico spergiuro (perché ogni cardinale aveva giurato solennemente sul Vangelo di mantenere il segreto su Conclave e votazioni). 
Negli anni successivi il tema della spaccatura e il fantasma dello scisma più volte è stato ventilato oscuramente e certo Ratzinger ha sempre voluto evitarlo in ogni modo (anche a costo di dimettersi).

ODIO CONTRO IL PAPA

Benedetto ha avuto poi altri nemici interni, nella Curia e nell’establishment ecclesiastico, che hanno contestato o boicottato o rifiutato il suo magistero, quello tradizionale della Chiesa, avendo i media dalla loro.
Poi Ratzinger ha avuto molti nemici esterni ed è stato sottoposto a un bombardamento mediatico senza fine culminato con il cosiddetto “scandalo pedofilia” con cui si è preteso di trasformare la Chiesa in “imputato globale” (la Chiesa che è perseguitata in mezzo mondo nell’indifferenza generale).
Ma paradossalmente i maggiori danni per il pontificato di Benedetto sono forse arrivati dalla Curia e dai più stretti collaboratori. 

L’ERRORE

Bisogna riconoscere l’errore, forse il maggiore di Benedetto XVI, che – per evitare certe potenti realtà curiali (ad esempio facenti capo al cardinal Sodano) – chiamò nel ruolo strategico di Segretario di Stato un ecclesiastico che conosceva da anni e che credeva potesse essergli di aiuto: il cardinale Bertone.
La plateale inadeguatezza dell’uomo per quel ruolo delicato e decisivo – a parere dei più, anche dei ratzingeriani più convinti – è ciò che ha fatto precipitare la situazione. Che a un certo punto si è fatta drammatica.
Il “cameriere del Papa”, pur sbagliando gravemente nel metodo, ha fatto emergere una realtà inaudita dove il Pontefice sembrava pressoché esautorato. Lo ha dichiarato di recente il cardinale Maradiaga: dalla vicenda Vatileaks “pareva che alcuni documenti non arrivassero nelle mani del Papa”.
Addirittura monsignor Georg Gaenswein, segretario di Benedetto XVI, in una intervista al “Messaggero” del 22 ottobre, una settimana dopo le dimissioni di Bertone, ha candidamente riferito che “Benedetto XVI aveva chiamato Gotti Tedeschi allo Ior per portare avanti la politica della trasparenza”, ma nonostante fosse stato lui stesso a volerlo lì, quando costui fu defenestrato, il Papa non ne sapeva niente e “restò sorpreso, molto sorpreso per l’atto di sfiducia al professore. Il Papa lo stimava e gli voleva bene”.
Un fatto emblematico della situazione oltretevere, anche se ci sarebbe da chiedersi cosa faceva, nel frattempo, don Georg vedendo questa realtà….

IL MISTERO DI OGGI

Col più grande gesto di umiltà Benedetto, alla fine, ha ritenuto di aiutare la Chiesa azzerando tutto, a cominciare da se stesso. E si concepisce ora nel ruolo di Mosè che prega sulla montagna mentre Giosuè combatte. 
Tuttavia anche per Giosuè-Francesco sono cominciati in questi giorni gli attacchi e le prove più dure: da quelli esterni (vedi l’incredibile denuncia dell’Onu) a quelli interni che puntano a usare il prossimo Sinodo per ribaltare la Chiesa.
Se, per la prima volta nella storia, oggi la Chiesa si trova con due papi è davvero il segno che è un tempo di prova senza eguali. 
Un dettaglio. Ratzinger non solo ha voluto restare “nel recinto di Pietro”, ha voluto conservare il titolo di “papa emerito” e l’abito bianco, ma – si è saputo di recente – ha gentilmente declinato la proposta dell’arcivescovo Montezemolo di cambiare il suo stemma araldico. 
Il Vaticano ha così fatto sapere che Benedetto “preferisce non adottare un emblema araldico espressivo della nuova situazione creatasi con la sua rinuncia al Ministero Petrino”. Se è un segnale significa che papa Benedetto c’è. Che il Cielo protegga la sua vita.
Antonio Socci

mercoledì 21 agosto 2013

Joseph Ratzinger: ecco perchè ho lasciato

Ho rinunciato all'incarico di Pontefice perché "me l'ha detto Dio". Così il Papa emerito, Benedetto XVI, avrebbe risposto a chi gli ha chiesto le ragioni della sua storica rinuncia, comunicata al mondo l'11 febbraio 2013. E' la ricostruzione che l'agenzia cattolica Zenit fa sulla base di quanto riferito da ospiti che hanno avuto occasione di incontrare Joseph Ratzinger in questi ultimi tempi.
"Nonostante la vita di clausura, Ratzinger concede infatti - sporadicamente e solo in determinate occasioni - alcune visite privatissime nel Mater Ecclesiae. Durante questi incontri, il Papa emerito non commenta, non svela segreti, non si lascia andare a dichiarazioni che potrebbero pesare come 'le parole dette dall'altro Papa', ma mantiene la riservatezza che lo ha sempre caratterizzato", spiega Zenit.

"Al massimo - prosegue - osserva soddisfatto le meraviglie che lo Spirito Santo sta facendo con il suo successore, oppure parla di sé, di come questa scelta di dimettersi sia sta un'ispirazione ricevuta da Dio". Così avrebbe detto Benedetto ad uno degli ospiti di questi rari incontri. "Me l'ha detto Dio" è stata la risposta del Pontefice emerito alla domanda sul perché abbia rinunciato al Soglio di Pietro. Ha poi subito precisato che non si è trattato di alcun tipo di apparizione o fenomeno del genere; piuttosto è stata "un'esperienza mistica" in cui il Signore ha fatto nascere nel suo cuore un "desiderio assoluto" di restare solo a solo con Lui, raccolto nella preghiera.

Quello di Benedetto XVI, dunque, non è stato un fuggire dal mondo, ma un rifugiarsi in Dio e vivere del suo amore. Lo stesso Ratzinger, ha rivelato la fonte di Zenit che preferisce rimanere anonima, ha dichiarato che questa "esperienza mistica" si è protratta lungo tutti questi mesi, aumentando sempre di più quell'anelito di un rapporto unico e diretto con il Signore. Inoltre, il Papa emerito ha rivelato che più osserva il "carisma" di Francesco, più capisce quanto questa sua scelta sia stata "volontà di Dio".

venerdì 28 dicembre 2012

Lettera aperta a Benedetto XVI


Santità,
mi ritengo da sempre una pessima cattolica, e forse è proprio per questo che non riesco a comprendere l'atteggiamento del Vaticano nei confronti delle imminenti elezioni politiche Italiane, che esalta la figura del Prof. Monti quale persona che vorrebbe “far salire” la Politica alla sua più alta funzione, ossia verso il bene comune.
Il prof. Monti lo abbiamo già visto al lavoro e mi pare che la sua azione abbia avuto conseguenze disastrose nei confronti di quel “bene comune” che il Vaticano sembrerebbe auspicare. A questo punto mi chiedo cosa intenda il Vaticano per “bene comune” e se, in merito, abbiamo concezioni diverse. Se non ricordo male la Chiesa Cattolica, in una delle Costituzioni scaturite dal Concilio Vaticano II, propose la seguente definizione di bene comune:
“l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi, quanto ai singoli membri, di reggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente”.
 Le chiedo umilmente se ritiene che le azioni di governo messe in atto dal Prof. Monti siano andate nella direzione giusta, se abbiano cioè creato almeno un minimo di condizioni della vita sociale che consentano ai singoli individui che compongono il popolo italiano di raggiungere la propria perfezione. A me pare, purtroppo, che l'ex governo Monti abbia creato le condizioni perchè interi gruppi e i loro singoli membri (esodati, cassaintegrati, lavoratori dipendenti di aziende private, pensionati al minimo, piccoli artigiani, piccole partite IVA, giovani disoccupati, padri di famiglia licenziati per fallimento delle aziende in cui lavoravano, etc.) siano stati  privati addirittura della speranza di poter mai raggiungere la propria perfezione. Io credo in Dio e, credendo in Dio, credo nella divinità dell'umano essendo egli stato creato a Sua immagine e somiglianza. Ma non credo che somigliamo a Dio nelle sembianze umane, bensì nella spiritualità che è in ciascuno di noi, spiritualità che per la Chiesa Cattolica dovrebbe coincidere con l'animaIl corpo umano non è altro che l'involucro, lo scrigno che custodisce l'anima, ed è un dono divino e come tale va amato e rispettato, curato e protetto. Gesù ci insegna, nel miracolo della moltiplicazione dei pesci e dei pani, che per salvare l'anima è anzitutto necessario curare il corpo, per questo moltiplicò i pani e i pesci, in modo che la moltitudine delle persone che lo avevano seguito mangiasse a sazietà “finchè ne vollero”. Gesù voleva forse  dirci che l'anima non può raggiungere la sua perfezione se lo scrigno (il corpo umano) non è forteTogliendo il lavoro alle persone, togliendo loro la possibilità di sfamarsi, di studiare, di curarsi, si mina e si indebolisce il corpo, si scalfisce lo scrigno che custodice il bene più prezioso: “l'anima” e l'anima potrebbe esserne irrimediabilmente compromessa.... e con lei il divino potrebbe lasciare per sempre l'umano.
Santità, io faccio appello a Lei, a Lei che siede sul trono di Pietro e a Lei soltanto, e Le chiedo se oggi saremmo ancora qui a parlare di Gesù se Egli fosse stato un sobrio? Se non fosse stato così umanamente e divinamente folle da scegliere la Croce, anziché più facilmente e comodamente rinnegare il Padre Suo e Nostro come gli veniva chiesto?
Le chiedo come può il Vaticano schierarsi così spudoratamente per una parte e non per il “bene comune” come dalla Chiesa definito? Siamo forse tornati alla Babele in cui tutti parlavano e nessuno si capiva più? E' forse una follia collettiva l'epoca in cui viviamo?
Santità, torniamo alla Parola, torniamo al Verbo, ci riporti a Dio.... non ci induca ad allontarcene più di quanto stiamo già facendo.
Con somma stima e profonda speranza e se in questa mia lettera ho peccato, chiedo da peccatrice il Suo perdono, ma mi aiuti a capire e a ritrovare il lume della Fede!
Una pessima cattolica

mercoledì 25 marzo 2009

Il Papa non si irride, il Papa si ascolta con rispetto

In questi giorni il Papà è stato irriso ed offeso per il suo intervento in Africa a favore di una sessualità responsabile in relazione al problema dell’AIDS. Sostanzialmente il Papà ha detto che il preservativo non risolve il problema, solamente un rispetto maggiore di se stessi, l’amore vissuto come sentimento responsabile e il rispetto delle donne potranno migliorare la situazione.

Ebbene il Papa ha ragione, ma è “troppo difficile” impegnarsi per una educazione all’amore è molto più facile distribuire preservativi a persone che in questo modo, proprio in questo modo, vengono trattate come animali.

Io voglio bene a Benedetto XVI, è un grande Papa, una persona colta e con il coraggio del cambiamento e so che, come sempre, chi tenta di cambiare ciò che è consolidato va incontro ad una dura opposizione anche all’interno della Chiesa.

Non voglio fargli mancare il mio umile aiuto e dico con forza che io sto con lui, prego per Lui e per la missione difficile che deve compiere in questa nostra società che sembra aver perso ogni valore.

Molte volte rileggendo i suo libri ho trovato conforto e di questo gli sono grata, so che il suo cammino sarà difficile ma sono certa che i suoi passi saranno ben guidati e che Gesù non gli farà mancare il suo abbraccio.

domenica 14 settembre 2008

Un Papa che illumina il mondo

Papa Benedetto è a Lourdes, in quel luogo straodinario molti di noi vorrebbero esserci con lui e da Lourdes con la forza delle sue parole, il Papa indica la via ad ogni credente ed è una via limpida, priva di compromessi, una via che ognuno di noi può scegliere con libertà assoluta.

"Mai Dio domanda all’uomo di fare sacrificio della sua ragione!". "Mai la ragione entra in contraddizione reale con la fede! L’unico Dio - Padre, Figlio e Spirito Santo - ha creato la nostra ragione e ci dona la fede, proponendo alla nostra libertà di riceverla come un dono prezioso. È il culto degli idoli che distoglie l’uomo da questa prospettiva - osserva - e la ragione stessa può forgiarsi degli idoli".

"
Seguire il signore è il mezzo migliore per fuggire gli idoli". "Lui solo ci insegna a fuggire idoli come il denaro, la sete dell'avere,il potere e perfino il sapere. A tutti gli uomini di buona volontà che mi ascoltano io dico come San Paolo: fuggite il culto degli idoli, non smettete di fare il bene, di ricercare la verità e la giustizia in questo mondo e fatelo a qualsiasi costo".

domenica 20 luglio 2008

Il papa chiama e i giovani rispondono....

Lo spettacolo meraviglioso di Benedetto XVI con i giovani di tutto il mondo e il coinvolgimento che questi ragazzi dimostrano portano conforto ad una umanità in affanno senza valori e principi, ci indicato la via per la realizzazione del regno di Dio sulla terra.
Riporto il brano del vangelo di oggi, direi che leggendo con attenzione si può avere una indicazione di come sia semplice arrivare allo scopo.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 13,24-43.

Un'altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio». Un'altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami». Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti». Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo. Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!