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martedì 26 gennaio 2016

GIORNATA DELLA MEMORIA 2016: cronaca del mio incontro con i ragazzi della terza media

GIORNATA DELLA MEMORIA: cronaca di un incontro con i ragazzi 


Questa mattina ho incontrato le terze medie della scuola Omnicomprensiva del quartiere Sant'Ambrogio alla Barona, erano ragazzi estremamente attenti e partecipi, pronti a prendere appunti sul loro diario su tutto ciò che dicevo. .Avevo portato il documentario "Deportato I57633 voglia di non morire", il meraviglioso lavoro di Mauro Vittorio Quattrina, 40 minuti di filmati originali intrecciati con la vicenda di mio papà, un susseguirsi di eventi che partono del Processo di Norimberga, alla liberazione dei campi e alla morte dei gerarchi nazisti, per poi focalizzare l'attenzione sulle partite di calcio giocate delle SS con mio papà che in quelle partite metteva in gioco la sua vita. 

Un insieme di fantastica e commovente sequenza di eventi che è stata molto apprezzata dagli insegnati e dai ragazzi. Al termine della proiezione sono stata sommersa dalle domande, alcune semplici, altre profonde, ma tutte mi hanno fatto comprendere che avevo centrato l'obiettivo. 

Quei ragazzi, così lontani dagli orrori dell'olocausto, da oggi ricorderanno ciò che hanno visto e lo legheranno al ricordo di Ferdinando Valletti, giocatore del Milan, Maestro del Lavoro all'Alfa Romeo che per amore della libertà del suo Paese aveva aderito allo sciopero generale di tutte le fabbriche dell'alta Italia distribuendo manifestini ed era stato vittima della delazione dei suoi compagni. Arrestato, finiì a San Vittore e poi, dopo qualche giorno, partì dal Binario 21 per Mauthusen e Gusen. Ne uscì molti mesi dopo grazie ad un pallone e riuscì a salvare 5 deportati tra questi il prof. Carpi.

Manuela Valletti



Riferimento: Libro  "DEPORTATO I 57633 VOGLIA DI NON MORIRE"

martedì 12 febbraio 2013

Da "L'ARENA DI VERONA" L'ARTICOLO SU FERDINANDO VALLETTI


lunedì 28 gennaio 2013

La storia di tre calciatori nei Lager


Nella Giornata della Memoria tre storie di calciatori italiani nei lager. Per non dimenticare.
Giornata della memoria
Giornata della memoria
Il calcio di oggi non ha memoria. Corre troppo veloce, non ha tempo per voltarsi indietro. Anche perché se ti giri perdi la palla e prendi il gol.
Il ritmo è asfissiante: corse, scatti, partite in tv, servizi sulle televisioni, polemiche di presidenti e calciomercato. E il tam tam delle radio, i taccuini dei giornalisti, le veline e le discoteche, e giù con un’altra partita. Tra uno scandalo, l’indignazione generale, le grida che chiedono forche e le amnistie basta il tempo di un caffè. E un’altra partita.

Non c’è tempo per pensare e per chiedersi che senso abbia tutto il circo. Per dare un’occhiata alla strada fatta: da dove si viene e dove si va. Memoria.
Ricordare per conoscersi, per trovare la propria identità e per non ripetere gli errori del passato.Carlo, Ferdinando e Rino: tre nomi comuni. Tre ragazzi italiani, che con il pallone tra i piedi o nella testa sono finiti nei lager nazisti.


Carlo Castellani ha 35 anni e possiede una segheria a Montelupo dopo essere stato il bomber dell’Empoli per nove stagioni capace di realizzare 62 reti con la maglia dei toscani. E’ la notte dell’8 marzo 1944: il rumore delle ruote dei camion dei fascisti rompe il silenzio e il sonno di un paese operaio; urla e stridori, lacrime e polvere alzata. Quattro giorni prima Montelupo aveva alzato la testa e aveva scioperato in massa contro il regime: un affronto insopportabile per i Camerati che decidono una punizione esemplare. Rastrellamenti, casa per casa. Carlo viene svegliato all’alba, bussano alla porta. “Stai tranquilla, resta con i bambini, vado giù io a sbrigare la faccenda: lo sanno che noi non c’entriamo niente”.
Davanti alla porta c’è Orazio. L’amico Orazio Nardini. “Cerchiamo tuo padre, dobbiamo portarlo in caserma”. “Ma mio padre è malato, non può venire! E poi cosa vorrà mai da lui il maresciallo?” Il padre di Carlo è David Castellani, conosciuto in tutta la zona per le sue posizioni antifasciste. “Va bene se vengo io al posto di mio padre in caserma a parlare con le autorità?”.
L’amico Orazio annuisce. Già, l’amico. Il camion si unisce a una schiera di altri camion e torpedoni, direzione Firenze. Il treno sbuffa, il vapore è nero come la pece. Nero come la morte che Carlo Castellani, fino al 2011 miglior cannoniere della storia empolese, troverà nel campo di concentramento di Mathausen. ”Racconta come sono morto!… Dì loro quanto ho sofferto…più di Gesù Cristo!” le ultime parole di Carlo raccolte dall’amico Aldo Rovai, compagno di campo.

Ferdinando Valletti, classe 1921, inizia a giocare nell’Hellas Verona. Con un diploma di perito industriale, nel 1938 si trasferisce a Milano con un contratto all’Alfa Romeo; oltre a lavorare continua a coltivare la sua passione calcistica con la maglia del Seregno, finché viene notato dal Milan che lo ingaggia per la stagione 1942-43. In maglia rossonera gioca mediano a fianco di un certo Giuseppe Meazza; dopo alcune amichevoli della stagione successiva si infortuna al menisco. Arrivano le milizie fasciste all’Alfa Romeo.
Alcuni compagni di fabbrica indicano Ferdinando come uno degli organizzatori dello sciopero nello stabilimento del marzo 1944. Delazione. Valletti viene arrestato e portato al carcere di San Vittore con altri ventidue operai; da lì al tristemente famoso binario 21 della Stazione Centrale il passo è breve. Lo stesso fumo di Castellani; la stessa direzione Mauthausen. Ferdinando lavora nella cava di pietre, finché viene trasferito nel sottocampo di Gusen dove viene impiegato nello scavo di gallerie sotterranee.
Finché un giorno un kapò non arriva alle baracche del campo e chiede se tra i deportati ci sia qualcuno che sa giocare a pallone, perché manca un giocatore per una partita tra sottufficiali. Il milanista Valletti non si tira indietro, anche se malconcio e denutrito e viene assoldato come riserva della squadra per un torneo. Gioca in condizioni pietose, con la divisa da detenuto, spesso scalzo come racconta la figlia Manuela, ma con le sue prestazioni si guadagna un premio: essere trasferito a lavorare nelle cucine. E’ la sua salvezza. Gli alleati lo liberano il 5 maggio 1945.

Mario Pagotto detto Rino è il terzino del grande Bologna di Weisz che dà spettacolo in Italia e in Europa: vince tre scudetti e conquista il Torneo Internazionale dell’Expo Universale a Parigi nel 1940 umiliando il Chelsea per 4-1. Rino arriva anche in Nazionale, prima che incominci l’incubo: la guerra. L’allenatore Weisz, fugge verso l’Olanda per sfuggire alle persecuzione fasciste verso gli ebrei, ma viene catturato e deportato ad Auschwitz dove verrà ucciso con tutta la sua famiglia. Rino viene catturato dai nazisti dopo l’8 settembre del 1943, dopo aver combattuto tra le fila degli Alpini, e deportato. Prima Hohenstein, quindi Bialystok in Polonia: lavori forzati, fame, condizioni disumane.

L’Armata rossa avanza e, di conseguenza, anche i prigionieri vengono spostati: Rino finisce a Odessa e, da lì, a Cernauti. Con un gruppo di ex calciatori italiani mette su una squadra che affronta rappresentative equivalenti di prigionieri di altre nazioni. Rino e i suoi vincono sempre. Da Cernuti passano a Sluzk, ma il risultato non cambia: i ragazzi di Cernuti non hanno avversari che riescano a tenere loro testa. Fino alla grande sfida, alla vera e propria partita per la vita. Rino ha organizzato un torneo tra le varie rappresentative nazionali presenti nel lager che sta riscuotendo successo tra i kapò perché permette loro di divertirsi ad assistere alle partite; l’incontro decisivo è contro la rappresentativa dell’Armata Rossa. Gli aguzzini nazisti tengono così tanto a vedere i sovietici perdere che fanno capire a Pagotto e ai suoi che, in caso di vittoria, avranno la possibilità di anticipare il ritorno a casa.
Altro che Fuga per la vittoria. Si gioca per la vita, per riabbracciare moglie e figli: “Quelli di Cernuti” vincono umiliando gli avversari per 6-2 e il 18 ottobre 1945 ritornano a casa.


Raccontare senza stancarsi mai di farlo.
Ricordare.
La memoria del calcio italiano: per non perderla più.

Emanuele Giulianelli

domenica 27 gennaio 2013

AFFRONTARE LA GIORNATA DELLA MEMORIA 2013

Affronto questo periodo con stati d'animo diversi, sono lieta che si parli di mio padre e ci si ricordi di lui e di ciò che fece con coraggio nel campo di sterminio di Mauthausen-Gusen, ma sono anche molto triste al pensiero di quello che in quel campo ha passato.
Sono trascorsi cinque anni dalla sua morte ed è come se solo ora io riuscissi a comprendere fino in fondo  tutto ciò che il mio papà ha passato, dirò di più, ora riesco a collegare alcuni suoi comportamenti con la deportazione e mi rammarico moltissimo per non averli capiti prima.
E' come se io lo avessi lasciato solo nel suo mare di ricordi e certo il campo di sterminio di Mauthausen fu centrale nel suo sentire, anche se con noi non fece mai cenno a nulla.
Solo una volta, arrivando in Val Pusteria, e prendendo possesso della sua camera d'albergo sbiancò di colpo  , chiamò me e mio marito e ci chiese di andare alla reception per fargli cambiare la stanza, ci disse con un filo di voce che la tettoia che si vedeva dalla finestra gli ricordava la prigionia....
Come ho potuto non capire che il suo cuore era sempre pesante nonostante la sua vita si fosse poi incamminata nella normalità e i suoi successi lavorativi fossero tanti e ampiamente riconosciuti?
Probabilmente non si smette mai di essere stati deportati, come non si smette mai di essere figli di deportati. Forse è così ed è inutile cercare risposte che nessuno può dare.
Il mio dovere ora è quello di far conoscere la sua storia, la sua sofferenza. Fortunatamente ho scritto un libro e fortunatamente il regista Mauro Vittorio Quattrina da quel libro ha realizzato un documentario con lo stesso identico titolo (Deportato I 57633 Voglia di non morire) entrambi resteranno a futura memoria e costruiranno un pezzetto di storia della deportazione politica italiana.
La scorsa settimana ho incontrato molti ragazzi delle scuole superiori che domani partiranno per Mauthausen con 14 pullman della provincia,  abbiamo fatto una bella  chiacchierata  e poi l'insegnate che li accompagnava raccontò che aveva conosciuto lei stessa mio padre e parlò della sua grande disponibilità verso gli altri e della sua grande comunicativa; raccontò che una volta, ricordando i suoi compagni morti,  si era commosso ed era stato circondato dai ragazzi che volevano consolarlo,  lui li aveva abbracciati con infinita tenerezza. Alla fine della conferenza aveva estratto dalla tasca un sacchetto e aveva cominciato a girare tra i banchi, ogni ragazzo poteva "pescare" un pensiero che lui stesso aveva preparato. Il gesto fu molto apprezzato.
La mia giornata della memoria volge al termine, devo ringraziare la giornalista Alessandra de Stefani che ha realizzato un bellissimo servizio su DRIBBLING SPORT, il MILAN che ha pubblicato sulla sua homepage un ricordo per mio padre e tutti gli amici che mi sono stati accanto.
Altri siti che hanno ricordato papà Valletti
TIFO MILAN
http://www.tifomilan.it/per_non_dimenticare_ferdinando_valletti-itemap-19-1621-1.htm
IL VERO MILANISTA
http://www.ilveromilanista.it/milan/27-01-2013/per-non-dimenticare-nel-giorno-della-memoria-il-milan-ricorda-ferdinando-valletti.html
STORIE DI SPORT
http://www.storiedisport.it/?p=4433




martedì 15 gennaio 2013

LA DEPORTAZIONE NELLO SPORT

Sarà questo il tema della puntata di DRIBBLING in onda su RAI 2 alle ore 13,30 del 26 gennaio prossimo.
Tra i protagonisti della puntata (3) ci sarà anche mio papà, Ferdinando Valletti, mediano del Milan nel lontano 1943.
La storia di mio padre, raccontata nel mio libro DEPORTATO I 57633 VOGLIA DI NON MORIRE e da Mauro Vittorio Quattrina nel suo splendido documentario, sarà ripresa nella trasmissione con brani di una intervista che mi è stata fatta sabato scorso e spezzoni del documentario.
Manuela Valletti

mercoledì 2 gennaio 2013

UN LIBRO E UN FILM PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA

Il 27 gennaio è dedicato al ricordo, alla memoria della deportazione  di tutti coloro che patirono e morirono  nei campi di sterminio. Mio padre fu fortunato e ritornò a casa. La storia della sua deportazione a Mauthausen e Gusen e della sua miracolosa salvezza la racconto nel  libro: " Deportato I 57633 voglia di non morire". 

Cliccate qui per acquistare

Come ogni anno lo propongo a tutti coloro che sono interessati a non dimenticare o a non far dimenticare alle nuove generazioni l'orrore del Nazismo. Sono anche disponibile, compatibilmente con la mia agenda, a presentare il libro nelle scuole e nei centri culturali.

Mauro Vittorio Quattrina, regista veronese, ha tratto liberamente dal libro, un bellissimo documentario che porta lo stesso titolo e che potete richiedere all'Associazione Storia Viva, l'Associazione organizza anche proiezioni con la presenza del Regista, se interessati potrete prenotare.


Dal blog del Regista Mauro Vittorio Quattrina.....

Un documentario e un libro di sicuro interesse per la Giornata della Memoria
Uno dei miei documentari di maggior successo è
"Deportato I 57633 - Voglia di non morire" che narra la storia di Ferdinando Valletti deportato al campo di Mauthausen che, cito brevemente, calciatore di buon livello (Verona Hellas e Milan) si salvò dal campo di concentramento perché, obbligato,giocò alcune partite con la squadra di calcio delle SS . Una storia unica.
Per chi volesse approffondire l'argomento può leggere il libro di Manuela Valletti Ghezzi, la figlia di Ferdinando, che ha raccolto e scritto la storia del padre. Il titolo del documentario è lo stesso del libro, dal quale ho tratto il filmato.
"Deportato I 57633 voglia di non morire".

sabato 6 ottobre 2012

Ferdinando Valletti, “distributore di bucce di patate”


L’escursione emotiva, scorbutica e brutale, della guerra. Preleva chiunque dalla sua tranquillità e, scaraventandolo in un terribile altrove, gli fa fare conoscenza dell’ostilità. È successo a tanti, e l’insaputa è il foglio di via che li ha trasferiti nei luoghi indesiderati pure all’inferno.
È successo a Ferdinando Valletti, mediano del Milan che ha giocato pure al fianco di Meazza. All’inizio degli anni ‘40, Valletti, veronese di nascita, veste la casacca della Milano rossonera. Nel 1944, per aver partecipato a uno sciopero con gli operai dell’Alfa Romeo, viene tratto in arresto e condotto al carcere di San Vittore. I binari della sua amara destinazione compiono però un’inquietante deviazione. Mauthausen, uno dei più orribili luoghi della seconda guerra mondiale. Valletti finisce nel lager.
Aveva fatto già parte della Brigata Garibaldi, e, inviso ai fascisti, non gli era stato perdonato di aver distribuito volantini per conto del movimento operaio in agitazione per i fatti dell’Alfa Romeo. Nel campo di concentramento, Valletti si riduce a meno di quaranta chili. Eppure, nonostante gli stenti e i vili trattamenti subiti, riesce a sopravvivere, distinguendosi per generosità e forza di volontà. Di lui racconta pure Aldo Carpi, nel suo “Diario di Gusen”, descrivendo il giovane calciatore del Milan come un bravo ragazzo, che più volte lo aveva aiutato nel lavoro e in una particolare occasione gli aveva addirittura salvato la vita.
Invece, a salvare Ferdinando, provvede il pallone. Le milizie di vigilanza nazista nei campi di sterminio erano solite organizzare, per svago e passatempo, partite di calcio tra soldati e a volte anche con prigionieri. In occasione di una di queste manca un giocatore. Uno dei militari tedeschi si ricorda di Ferdinando calciatore e decide di farlo giocare per completare il numero utile all’incontro. Valletti, nonostante pesi 39 chili e si mantenga a stento in piedi, partecipa alla partita e si guadagna la possibilità di lavorare come sguattero addetto alla distribuzione di bucce di patate ai prigionieri del campo.
Il suo nuovo lavoro gli consente di aiutare molti suoi compagni di sventura, grazie anche al fatto di poter disporre degli avanzi dei pasti riservati ai soldati tedeschi. Nel maggio del 1944 viene liberato e al suo ritorno a casa si presenta in condizioni al limite della sopravvivenza. Nel frattempo, 10 mesi prima, era nata sua figlia, Manuela, che da giornalista racconterà di lui e della sua prigionia, attraverso il libro “Deportato I 57633 Voglia di non morire”, come faranno pure Mauro Vittorio Quattrina, con l’omonimo documentario, e lo stesso Aldo Carpi, suo compagno di persecuzione.
Soprattutto, Ferdinando lo hanno raccontato come lui stesso ha fatto molti anni dopo la fine della guerra, incontrando tanti studenti per consegnare loro la sua cruenta esperienza, dopo una vita separata da una gioventù trascorsa sul campo di calcio e un’altra vissuta nei campi di sterminio. Una seconda vita, più dignitosa e rasserenante,Valletti l’ha vissuta come dirigente dell’Alfa Romeo, il luogo che negli anni della guerra gli aveva procurato l’arresto e la prigionia nei lager di Mauthausen e Gusen.
Fernando Valletti, oltre che impegnarsi per raccontare agli studenti la sua storia, ha pure realizzato progetti di assistenza per gli operai più anziani dell’Alfa Romeo, ricevendo, a causa dei suoi servigi e dei meriti riconosciutigli durante la sua permanenza forzata nei lager, diverse onorificenze. Tra queste, la più importante, la “Stella al merito del lavoro”.
Fernando Valletti se ne va nel 2007, dopo che dal 2000, a causa del morbo di Alzheimer, era stato costretto a ritirarsi definitivamente a vita privata. Valletti, calciatore del Milan nei primi anni ‘Quaranta e attivista politico, distributore di bucce di patate ai prigionieri nei lager, poi dirigente dell’Alfa Romeo. La guerra fa così, uccide tante vite, oppure ne incastra più d’una in una sola. È il suo gioco preferito.
sebastiano di paolo, alias elio goka

sabato 22 gennaio 2011

27 GENNAIO 2011- GIORNO DELLA MEMORIA

”Spaventa il pensiero di quanto potrà accadere fra una ventina d’anni quando tutti i testimoni saranno spariti. Allora i falsari avranno via libera, potranno affermare o negare qualsiasi cosa.” 
 Primo Levi

Proprio per questo motivo, perchè molti testimoni se ne sono andati per sempre, sento il dovere morale di continuare ciò che il mio papà Ferdinando Valletti aveva iniziato a fare negli  ultimi anni della sua vita, testimoniare nelle scuole, ai giovani e ovunque ove se ne senta la necessità, la tragedia della deportazione nei lager nazisti.
Ecco brevemente la sua storia, la trovate per esteso sul mio libro "Deportato I57833 voglia di non morire" che in questi giorni presento in diverse scuole.
Mio padre venne deportato a Mauthausen nel marzo 1943 a seguito degli scioperi che coinvolsero le gradi fabbriche del Nord, venne indicato dai suoi compagni come uno degli organizzatori delle scioperi all'Alfa Romeo di Milano, venne arrestato dalla Muti e dopo un breve soggiorno nel carcere di San Vittore, tradotto su un piccolo camion con altri 49 prigionieri, al Binario 21, il binario sotterraneo tragicamente noto proprio perchè da li partivano i carri bestiame diretti ai campi di sterminio nazisti.
Giunto a destinazione con altri 22 compagni dell'Alfa, subi tutto quanto è umanamente possibile subire in quel maledetto campo, si prodigò per i compagni, ne salvò alcuni fino a che  un giorno gli venne chiesto se lui, ex mediano del Milan, fosse stato in grado di giocare a calcio... 
Sembra incredibile ed invece quella fu per mio padre, "la partita del cuore"... rispose al Kapò che lo aveva interpellato che lui giocava bene a calcio e si trascinò su quel campo dove i giocatori erano SS e l'erba era mista alla cenere che  usciva dai forni crematori, giocò scalzo e con la divisa a righe, cercò di non sbagliare.. sapeva che se lo avesse fatto sarebbe stato ucciso all'istante, la sua vita valeva molto meno del pallone che stava calciando. Ci riuscì, giocò bene e venne chiamato altre volte in campo quando mancava qualche SS per fare la squadra. Si guadagnò un posto nelle cucine e la sera tornava in baracca con gli avanzi nasconsti tra il piede e gli zoccoli per aiutare i cuoi compagni.Rimase nei campi di Mauthausen e Gusen fino al maggio 1945, seguì gli americani in un campo medico, le sue condizioni fisiche non gli consentivano di venire subito in Italia. Non parlò mai degli orrori che aveva vissuto, ma mi raccontò spesso che il pensiero di avere una figlio che ancora non conosceva lo aveva aiutato a tenere duro e la sua fede aveva fatto il resto.
Proseguì la sua vita da uomo libero senza mai voltarsi indietro, non manifestò mai rancore per il male che aveva subito, ma la deportazione rimase dentro di lui  come un tarlo e nonostante una carriera professionale densa di successi ed encomi (divenne dirigente dell'Alfa Romeo e Maestro del Lavoro e insignito dell'Ambrogino d'Oro dal Sindaco Aniasi) decise di dedicare gli ultimi anni della sua vita a raccontare la sua vicenda nelle scuole.
Da quando mio padre mi ha lasciato ho scoperto che la sua deportazione fa parte anche di me e che quindi ora sono io a dover raccontare la sua storia, lo faccio con molta semplicità, con rigore storico, ma soprattutto con il cuore, ogni volta che qualcuno manifesta il desiderio di non dimenticare...
Manuela Valletti

lunedì 29 novembre 2010

Importanti novità per l'Associazione Culturale Ferdinando Valletti

Il mio libro Deportato I57633 Voglia di non morire e il documentario che ha lo stesso titolo  realizzato dal regista veronese  Mauro Vittorio Quattrina hanno trovato  una collocazione ufficiale sul sito dedicato ai lager nazisti.
Sono particolarmente lieta che ciò sia accaduto  perchè la recensione di Maurizio Agostinelli  è molto gratificante e tutto ciò contribuirà a far conoscere  il libro e il documentario in gennaio, il Mese della Memoria.
Ecco dove potrete leggere del mio libro

Alla figura di mio padre Ferdinando Valletti è stata dedicata la scultura di Angelo Melaranci  "Voglia di non Morire". Angelo mi ha fatto un regalo meraviglioso facendomi dono della sua opera.
La scultura sarà presentata ufficialmente a Milano al Circolo Ufficiali nella serata in cui sarà presentato il mio libro e il documentario di Quattrina nel prossimo mese di gennaio.

"Voglia di non morire"
di Angelo Melaranci





mercoledì 21 aprile 2010

Bella serata e grande successo!!!

Ieri sera nella sede istituzionale della circoscrizione 8 di Milano, è stato presentato il documentario DEPORTATO I 57633 VOGLIA DI NON MORIRE realizzato dal regista veronese Mario Vittorio Quattrina e tratto dal mio libro che porta lo stesso titolo. L'occasione era la celebrazione dell'anniversario della Liberazione.
Ho avuto il grande piacere di incontrare diverse insegnanti che conoscevano mio padre e che  ricordavano perfettamente il suo intervento nelle loro classi, è stato  un momento commovente che poi si è completato nella  visione del documentario. 
Erano presenti anche lo storico del Milan, dott. La Rocca, i rappresentanti dell'ANPI di zona, i rappresentanti del gruppo Anziani dell'Alfa Romeo con la loro gloriosa bandiera, tutti si sono stretti a me in un affettuoso abbraccio e per questo li ringrazio di cuore.
Il regista ha avuto i complimenti di tutta la platea per il bellissimo lavoro che ha svolto, 45 minuti di storia e di grande umanità, un modo di raccontare che tiene lo spettatore incollato alla poltrona. Alcuni passaggi del film sono veramente toccanti e la narrazione in prima persona di mio padre fa si che la sua presenza diventi palpabile.
Dal rappresentante del Milan sono state annunciate iniziative importanti sia per il documentario che per il progetto dell'Associazione Culturale Ferdinando Valletti che si impegnerà nelle scuole, in collaborazione con l'Associazione Storia Viva di Verona,  con un concorso grafico/letterario dal prossimo anno scolastico.

sabato 30 gennaio 2010

MILANO: BUONA ACCOGLIENZA AL DOCUMENTARIO SU MIO PADRE

Ieri mattina nell'Aula Magna dell'Istituto Superiore Virgilio, è iniziato Milano day del documentario DEPORTATO I57633 VOGLIA DI NON MORIRE di Quattrina, tratto dal mio libro omonino.
Oltre 300 ragazzi hanno assistito in religioso silenzio la proiezione e alla fine uno scrosciante battimani e tanta commozione ha sancito l'indiscusso successo del lavoro di Quattrina. Molte domande sono state rivolte anche a me, i ragazzi volevano approfondire, molti di loro hanno acquistato sia il DVD che il mio libro. 
La sera poi abbiamo ripetuto il nostro exploit nella sala consiliare della circoscrizione 3 alla presenza del Vice Presidente del Consiglio Comunale di Milano Andrea Fanzago, al capogruppo del PDL Giulio Gallera, al Presidente della Commissione Cultura della circoscrizione 3 Gianluca Boari e dello storico ufficiale del MILAN dott. Luigi La Rocca.
Il documentario è piaciuto , la storia di Ferdinando Valletti che si salva la vita per una partita di pallone, prima ha incuriosito e poi ha commosso moltissimo. La serata è stata molto bella e densa di emozioni.

Mentre scorrevano i titoli di coda del documentario pensavo a mio padre, alla gioia che certamente ha provato nel vedere realizzato un suo grande desiderio, quello di sensibilizzare i giovani sugli orrori dei lager. Credo che d'ora in avanti portare avanti questo impegno per me sarà più facile. 
NdR

GRANDE SUCCESSO per il documentario DEPORTATO 157633 VOGLIA DI NON MORIRE di Mauro V.Quattrina sulla deportazione di Ferdinando Valletti e la sua incredibile vicenda! Ecco una occasione per vederlo in TV: SABATO 30.01.2010 ore 17.45 TELEPACE Canale 802, questo canale trasmette in tutto il mondo"


Il libro DEPORTATO I 57633 VOGLIA DI NON MORIRE è disponibile anche in versione E-BOOK immediatamente scaricabile cliccando qui

martedì 24 novembre 2009

La seconda edizione del libro "Deportato I57633 Voglia di non morire

E' uscita la seconda edizione del mio libro "Deportato I57633 Voglia di non morire". Il libro è stato arricchito con nuova documentazione, con altre foto e con le mie riflessioni su che cosa ha significato per me essere figlia di una deportato, una esperienza che mi appartiene  dalla nascita e di cui solo ora che mio padre se ne è andato, riesco a comprendere il profondo significato.
.



"Deportato I57633 Voglia di non morire" lo potete acquistare on line

martedì 6 ottobre 2009

Valletti Ferdinando: salvare un amico a Mauthausen

Girovangando sul WEB per recuperare materiale per un documentario ho scoperto questo articolo del CORRIERE che parlando del Prof.CARPI, insigne pittore e per anni rettore dall'ACCADEMIA DI BRERA, cita mio padre come "autore" del suo salvataggio.
Naturalmente ero al corrente di questo episodio e l'ho citato anche nel mio libro "Deportato 57633 Voglia di non morire", ma vederlo riportato sul giornale mi ha profondamente commosso.
Mio padre aveva solo 23 anni ed era costretto a vivere in condizioni estreme, ma ha trovato la forza di aiutare i compagni e di salvare loro la vita.

Manuela Valletti


CORRIERE DELLA SERA
TERZAPAGINA
Carpi, i foglietti che dipingono l' orrore
un profilo del pittore Aldo Carpi, " l' ultimo grande scapigliato "

Carpi, i foglietti che dipingono l' orrore
Per due giorni parlo' senza interruzione, poi tacque. Quando torno' a casa, dopo un anno e mezzo, il pittore Aldo Carpi, "l' ultimo grande scapigliato", non dimentico' nulla del lager, ma ne avrebbe parlato malvolentieri. Gli era rimasto nel naso l' odore del gas, diceva ogni tanto. Venne arrestato il 23 gennaio 1944 a Mondonico, in Brianza, dove era sfollato con la famiglia. Fu denunciato per attivita' antifascista da uno scultore, Dante Morozzi, un insegnante di Brera. Quella domenica mattina Carpi, dal suo studio, vide un gruppo di fascisti risalire la strada e dirigersi verso la sua casa, all' altra estremita' del paese. Avrebbe potuto fuggire, ma non fuggi' . Preferi' consegnarsi, per evitare che prendessero i suoi figli. Quel giorno Aldo Carpi stava ultimando L' arresto degli Arlecchini, un quadro a olio che raffigura quattro nerissimi poliziotti che inseguono sei arlecchini trasparenti. Sei come i suoi figli, che sperava "imprendibili come una nuvola". Ma furono catturati. Uno, Paolo, fu ammazzato a diciassette anni a Gross Rosen, alle nove del mattino del 25 febbraio 1945: con una iniezione di fenolo, perche' quel piccolo campo della Slesia meridionale non disponeva di camere a gas. Per Aldo prima Mauthausen, poi Gusen. Quando torna a casa, conta i figli: uno due, tre, quattro, cinque. Manca Paolo. Anche Pinin, che nel ' 45 aveva ventisei anni, aveva fatto la sua Resistenza: dura, durissima. Benche' ora riesca a parlare di arresti, del carcere a San Vittore, di interrogatori, di fughe e di appostamenti, della vicenda di suo padre, di Paolo come se raccontasse una delle tante storie per ragazzi che ha scritto in questi anni. Qui purtroppo non ci sono ne' leoni parlanti ne' gnomi ne' fate ne' maghi: qui e' tutto atrocemente vero. Ricorda suo padre, Aldo, tornare nella casa di via De Alessandri, che era stata sede delle prime riunioni del Cln: il corpo (un metro e ottanta) smagrito, i quaranta chili registrati il giorno della liberazione erano di poco aumentati, sente ancora nelle orecchie l' urlo di gioia di sua madre. Ricorda i foglietti minuscoli, riposti nella pellicola piegata di una radiografia che per un anno e mezzo suo padre tenne nascosta sul petto: "Se li avessero trovati lo avrebbero ammazzato". Quei foglietti contenevano il famoso Diario di Gusen, che Pinin Carpi avrebbe trascritto e pubblicato da Garzanti nel 1971. La seconda edizione, rivista e ampliata, e' da poco uscita nei Tascabili Einaudi con una introduzione di Corrado Stajano e con una nuova appendice, e verra' presentata oggi pomeriggio (alle ore 18) nella Sala Teatro della Accademia di Brera. Forse l' unico diario scritto in presa diretta, giorno dopo giorno nel lager. Aldo Carpi avrebbe poi testimoniato quella tragedia anche in molti disegni realizzati nei decenni seguenti. Ma quelle note, scritte sulle ricette di un medico, furono redatte tra il 1944 e il ' 45: "Un documento di religiosita' profonda . scrive Stajano ., una lezione di pudore, di dignita' e di coraggio che incute commosso rispetto". Pinin ricorda la religiosita' dei suoi genitori: "Una religiosita' molto sentita, ma tutt' altro che bigotta: mio padre, anche dopo il campo di concentramento, rimase un uomo dolcissimo con noi. Non sembrava cambiato per niente".

Il giovane Ferdinando Valletti, operaio dell' Alfa Romeo, anch' egli finito a Gusen per avere partecipato ad uno sciopero, vedendo Aldo sul letto di morte, ricordo' i giorni del lager, quando a uno a uno i deportati cercavano consolazione nella fede, nelle parole di Aldo Carpi. Il quale, precocemente invecchiato li' dentro, a 57 anni, continuava a dipingere ritratti per i suoi aguzzini, i loro figli, le loro donne. Valletti lo aveva salvato quando, appena arrivato a Gusen, Aldo fu messo a lavorare in una cava, dove le SS avrebbero voluto seppellire i cadaveri delle loro vittime. Doveva raccogliere e trasportare i massi che venivano fatti rotolare dall' alto. E lui non stava piu' in piedi. Fu Valletti a sostenerlo, a nasconderlo, a curarlo ormai moribondo. Poi, un medico polacco lo porto' nel suo studio e gli propose di fare quadri per gli ufficiali. Fu questo "dipingere con la testa nel sacco" a salvarlo. Non certo a fargli dimenticare i giovani russi che dalla sua finestra vedeva gettarsi contro i reticolati dell' alta tensione, disperati dopo le torture. Oppure il volto dell' Alfredo Borghi, un operaio, che dalla camera a gas, in attesa della fine, urlo' : "Carpi, damm de bev".

Di Stefano Paolo

martedì 25 novembre 2008

Presentazione del mio libro "Deportato I57633 Voglia di non morire"


Domenica 30 novembre alle ore 16 presso la sede dell'ANED di Milano,
presenterò il libro che ho scritto sulla deportazione del mio papà Ferdinando Valletti.
Ricordo a tutti che il libro è acquistabile in ogni libreria on line, presso l'editore e a breve in tutte le librerie sul territorio nazionale
Per acquistare il libro cliccate qui


In occasione di questo evento mi verrà offerta l'opportunità di sensibilizzare i presenti sul problema del Museo della Shoah che sorgerà presso il Binario 21 della Stazione Centrale di Milano, luogo da cui mio padre e molti milanesi furono caricati sui treni per essere tradotti nei campi di concentramento nazisti.
Sul ricordo di tutti i deportati senza alcuna distinzione nel Museo che sorgerà, ho avuto assicurazione dal Sindaco Moratti, ma desidero che su questo argomento si tenga viva l'attenzione.
Per questo motivo ho aperto anche un gruppo su Facebook che ha raccolto un buon numero di adesioni di cittadini milanesi, il gruppo si chiama BINARIO 21, UN DOLORE DA CONDIVIDERE, chi volesse iscriversi può farlo.

domenica 31 agosto 2008

Reportage di viaggio indimenticabile


Meta del breve periodo di vacanza della mia famiglia è stata Salisburgo, la deliziosa cittadina austriaca patria di Mozart, e la prevista visita ai Lager di Mauthausen e Gusen.
Il viaggio è stato molto bello, ci eravamo ripromessi di vedere luoghi nuovi e così è stato. Abbiamo raggiunto Salisburgo passando dalla Svizzera e dalla Germania attraverso il Passo del Maloja, un pianoro meraviglioso circondato da ghiacciai eterni e attraversato da ampi laghi su cui si affacciano paesi incantevoli e caratteristici.


Salisburgo è un incanto, la cortesia degli austriaci ha reso la nostra permanenza molto gradevole. Abbiamo visitato diverse mostre e i molti monumenti presenti nella parte vecchia della città, senza trascurare il famoso parco Mirabel: ogni angolo riservava una sorpresa, dal classico momumento a Mozart nella piazza omonima al primo forno per il pane della città con attiguo mulino tuttora funzionante.
I dintorni sono veramente bellissimi, laghi e foreste a perdita d'occhio a pochissimi chilometri dal centro, raggiungibili in tutta tranquillità.



La visita ai Lager di Mauthausen e Gusen mi ha procurato una emozione fortissima, ci eravamo prefissi di farla qualche tempo fa, in occasione dell'uscita del mio libro sulla deportazione del mio papà e sono veramente contenta di essere riuscita ad andarci ora: ho visto, ho capito e non dimenticherò.
E' molto diverso sapere della deportazione attraverso la lettura di un libro dal vedere con i propri occhi i luoghi dove tante persone hanno sofferto e sono morte, è diverso soprattutto se tra queste persone c'era tuo padre e così la cosa che più mi ha commosso e mi ha procurato una compassione infinita, non è stata la camera a gas,o il forno crematorio, o l'angolo del colpo alla nuca, o la stanza dell'impiccagione, ma la povera baracca dove vivevano i deportati che conteneva un letto a castello originale non più lungo di un metro e mezzo, dove una mano pietosa aveva deposto un rosario. Li ho pianto tutte le mie lacrime, li ho avvertito la vicinanza del mio papà e ho capito tante cose del suo modo di essere: la sua parsimonia, il suo dar valore alle piccole cose, il suo ritenersi una persona fortunata e la tenacia che ne ha caratterizzato tutta la vita. Dopo aver visto tanto orrore ringrazio il Signore per averlo aiutato a tornare e per averlo lasciato a lungo accanto a me.
Una nota di indignazione la voglio spendere per il lager di Gusen: del KZ non esiste più nulla anche se alla fine era diventato un campo più grande di Mauthausen; per merito dell'architetto Belgioioso è stato costruito un Memorial stilizzato che contiene un forno crematorio (non so quanto originale)e su quello che era il campo di sterminio, adossate al memorial, sono state costruite le case degli abitanti di San Georgen senza alcuna area di rispetto per i milioni di cadaveri che sono stati sepolti in fosse comuni proprio in quelle aree prima e dopo la liberazione.
Non riesco a capire come sia stato possibile pergli abitanti di questo paese costruire le loro dimore su cimiteri a cielo aperto, ma la realtà dice che è stato possibile nonostante le rimostranze di tutti i Paesi che hanno avuto perdite umane in quel luogo.
Il mio reportage di viaggio è finito, il soggiorno all'estero mi ha permesso di svagarmi moltissimo, di migliorare le mie conoscienze e di dimenticare i problemi di tutti i giorni. La visita al KZ di Mauthausen la dovevo a mio padre, avrei dovuto farla molto prima, probabilmente quando lui era ancora in vita, ma la consiglio veramente a tutti, certi orrori vanno conosciuti da vicino e i molti ragazzi presenti di tutte le nazionalità, stanno a dimostrare che la voglia di sapere ciò che è accaduto non è morta e questo conforta il mio cuore.

sabato 2 agosto 2008

Grandi novità

Il mese di luglio per me è sempre stato pesante, anche quest'anno se nè andato e il primo giorno di agosto mi ha riservato subito ottime novità. Il mio libro Deportato I57633 voglia di non morire ha interessato un noto regista che sta girando un documentario sulla deportazione Italiana nei campi di sterminio, l'esperienza vissuta del mio papà lo ha commosso e ha deciso che per l'originalità di alcuni eventi che lo hanno riguardato durante la deportazione, la inserirà nel suo lavoro. Ora inizierà una collaborazione con lui e sono certa che il taglio che è intenzionato a dare alla sua opera sarà molto originale e interesserà moltissimo i ragazzi delle scuole.

Mi prenderò qualche giorno di riposo in attesa di un settembre che si preannuncia molto laborioso ma anche pieno di grandi soddisfazioni, uscirà infatti anche un mio nuovo libro, di cui per ora non voglio anticipare nulla perchè verrà presentato ufficialmente nella rassegna "Incontri in Bibliotecha" promossa dal Comune di Milano. Sarò più precisa quando avrò la disponiblità del libro e la data della presentazione.

domenica 20 aprile 2008

Deportato I 57633 voglia di non morire

Non è facile scrivere un libro sulla deportazione nei lager nazisti, non lo è soprattutto quando la persona di cui devi raccontare le sofferenze è tuo padre. Ho passato giorni interi a documentarmi sulla rete e sui molti libri che trattano di questo argomento per fare in modo che il racconto che il mio papà mi aveva fatto tante volte e che tante volte avevo scritto per lui, avesse fondamenti storici certi. Sorprendentemente ho trovato date, foto, liste di deportati che includevano il suo nome e sono riuscita a riscrivere con dovizia di particolari tutto quanto gli era accaduto a partire dalla sua cattura, avvenuta nel marzo del 1944 a Milano, al suo arrivo e alla sua permanenza a Mauthausen e Gusen, fino al suo ritorno a casa, nell’agosto del 1945. Mi sono lasciata spesso travolgere dalla commozione, dal dolore e dall’indignazione per la ferocia dei suoi carnefici, ma alla fine ce l’ho fatta. Il libro è stato pubblicato questa mattina e i proventi della sua vendita saranno devoluti interamente all’Associazione Nazionale Deportati.

Il libro è corredato da foto dell’epoca, molte delle quali inedite e di sicuro interesse storico e si prefrigge di ricordare la figura di mio padre, Ferdinando Valletti, e di dar seguito al suo impegno verso gli studenti per far loro conoscere le atrocità del nazismo.

Chi volesse comperare la versione italiana on line clicchi qui